Viviamo in una società dove l’ineguaglianza sociale sta raggiungendo livelli medievali Intervista a Tullio Avoledo

 


In libreria con Non è mai notte quando muori, Marsilio, Tullio Avoledo ha cortesemente accettato di rispondere alle nostre domande.
Tullio una nuova avventura con protagonista Sergio Stokar, in cosa è cambiato in questo lasso di tempo, o meglio in cosa hai deciso che doveva cambiare affinché restasse il superbo protagonista che è? 
Uno degli slogan che mi trovavano meno d’accordo qualche tempo fa era “ne usciremo migliori”. Ho voluto fosse chiaro già a chi prende in mano il romanzo in libreria e legge la quarta di copertina, che io, come Sergio, penso che non siamo per nulla diventati migliori, e che il mondo è rimasto la ruota da criceti che era prima, un meccanismo imballato e sempre più pesante che continua a muoversi ma non va da nessuna parte. Sergio è rimasto isolato (se mi permettete il gioco di parole…) durante la fase “calda” della pandemia. Ne ho approfittato per fargli studiare le lingue, i classici, le arti marziali. Dato che di alcol buono sulla sua isola tropicale non ce n’era, l’ho fatto anche disintossicare. Ora è pulito, asciutto, veloce: una macchina da guerra pronta a rimettersi in gioco. In fondo, che gli venga appioppata una missione suicida non gli dispiace, anche se non l’ammetterebbe mai…

Poi c’è un’altra cosa… Uno dei libri che mi ha più colpito è “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley – un autore che andrebbe riscoperto dai giovani – in cui nell’“anno di Ford 632” (il nostro 2540) un ragazzo cresciuto in una “riserva di selvaggi” viene portato nella cosiddetta civiltà. John, “il Selvaggio”, come lo chiamano, venendo da fuori vede il mondo nuovo, iperconsumistico, tecnologico e totalmente desacralizzato, con gli occhi di un estraneo, cogliendone così tutta la stranezza e la crudele meraviglia. Volevo che Sergio avesse sul nostro mondo post-Pandemia, post-politico, post-tutto, lo stesso sguardo del Selvaggio di Huxley, per trasmettere al lettore la mia incredulità per quanto il mondo sia cambiato dopo il Covid-19 e per quanto poco ce ne rendiamo conto. Il mondo è andato completamente fuori di testa. O, almeno, il mondo all’interno della bolla di internet… Forse c’è rimasto qualche posto isolato nel mondo in cui il buon senso ha ancora un senso… Detto questo, Stokar rimane il personaggio violento e politicamente scorretto di “Nero come la notte”, capace di battute detestabili e di comportamenti borderline. In realtà è un bravo ragazzo, ma lo dimostra nei fatti, nel suo inseguire la verità e la giustizia, non certo a parole ma nei fatti. Gli ho dato i geni buoni e anche quelli meno buoni dei detective privati dell’hard boiled americano classico: Philip Marlowe, Sam Spade… Personaggi che hanno un senso non comune della giustizia e modi non convenzionali per raggiungerla.

La Pandemia e gli oligarchi russi. Se non ci fosse la tua penna e la tua intelligenza a trattare questi due argomenti si scadrebbe nella banalità. Invece le due cose sono accennate con maestria e inserite in una storia che in realtà parla di molto altro. Ma non hai avuto paura neppure per un momento che la cosa potesse sfuggirti di mano?
No. Nessuna paura. Se avessi paura dei romanzi non me ne terrei tanti sul comodino. In realtà, battute a parte, la storia che volevo raccontare sarebbe stata quella di Giulio Regeni, ma i suoi genitori non vogliono che si faccia fiction sulla sua morte, e io rispetto la loro decisione. Mi sarebbe piaciuto vedere i suoi aguzzini e i loro mandanti nelle mani di Stokar. Il fatto è che per quanto io creda alla giustizia internazionale (uno dei miei romanzi, “Tre sono le cose misteriose”, ha come sfondo un processo per crimini di guerra) non credo che questa sia mai in grado di arrivare davvero in fondo alle cose, di scoprire la verità e punire i colpevoli come si meritano. Ustica è, purtroppo, un triste esempio. Ma anche la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E tante altre brutte storie di cui è fatta la storia del nostro Paese: storie con tanti, troppi morti e nessun colpevole, nessun mandante. Di delitti del genere siamo vittime tutti.

Per questo ho deciso di scrivere un romanzo di fantasia ambientato in un paese altrettanto di fantasia (anche se è una specie di collage di tante realtà nordafricane). La Pandemia e gli oligarchi sono elementi di secondo piano, anche se in realtà continuo a pensare che sia l’economia a far muovere il mondo e a dettare i tempi e i luoghi delle guerre. Non a caso la storia che racconto ha tanti personaggi che credono di agire da protagonisti e in realtà non sono che marionette nelle mani di entità più potenti: le grandi compagnie petrolifere, ad esempio, che giocano nella storia il ruolo degli dei dell’Olimpo nell’Iliade. Ovviamente, ai miei occhi sono degli dei malvagi, ma sono gli dei che ci danno il fuoco, la luce, l’energia che muove le nostre auto… Anche se li detesto, la mia vita dipende da loro. Per questo a volte guardo con desiderio all’isola dell’esilio di Sergio. Vorrei vivere in pace, fuori dalla griglia.

Chi è davvero Alemanno Ferrari? Potrebbe esistere sul serio? E se fosse così quanto farebbe paura?
Personaggi come lui esistono, eccome. Alcuni li ho conosciuti. Sono sia eredi di fortune secolari, giunte a loro senza alcun merito, che nouveaux riches che hanno raggiunto il potere e accumulato fortune assurde con mezzi non sempre leciti. Qualcuno ha scritto che ogni grande fortuna si fonda su un delitto. Quello che è certo è che alcuni di questi ricchi lo sono talmente tanto da potersi permettere di viaggiare nello spazio per farsi un selfie, mentre miliardi di persone vivono nell’indigenza, privati della libertà come dell’accesso al cibo, all’acqua, a un alloggio. Viviamo in una società dove l’ineguaglianza sociale sta raggiungendo livelli medievali, dove gran parte delle cose che usiamo o consumiamo sono prodotti da mano d’opera ridotta in condizioni simili alla schiavitù. 

Mi fa paura, oggi, che questi super-ricchi ambiscano a darsi una rispettabilità, a farsi paladini dell’ecologia o dell’arte, seguendo, senza saperlo, il modello dei cosiddetti “Baroni ladri” del XIX secolo, gente che faceva sparare addosso agli scioperanti che lottavano per un aumento dello stipendio di pochi centesimi, e poi spendeva milioni per fondare musei e biblioteche. Ma forse non è giusto definire paura quello che provo nei loro confronti. È piuttosto disgusto, disprezzo. Quando verrà il momento di regolare i conti sarà il caso di non avere pietà per loro, perché Dio sa che loro non ne hanno per noi. Non ci vedono nemmeno. E lo stesso discorso vale anche per la gran parte dei politici che sono al comando.

Leggendo la tua ultima fatica il lettore comprende la smisuratezza dell’Africa, quello che davvero può nascondere, quello che può succedere in un posto bello e crudele come questo e quindi ti chiedo quanto è stato complicato conoscere e scrivere di un continente così sfaccettato e complesso?
L’Africa è stata la culla dell’umanità e potrebbe tornare ad essere la culla di una nuova umanità, quando decideremo di guardare in faccia la realtà e di dare il giusto peso alle cose, di chiamarle col loro vero nome, e di scegliere nuovi modelli di vita a livello sia individuale che collettivo. Purtroppo in questo periodo storico l’Africa è vittima di un nuovo tipo di colonialismo: quello che i francesi, i russi, i cinesi perseguono, non solo in Africa ma anche in Sud America, è esclusivamente il benessere delle loro nazioni, ottenuto attraverso lo sfruttamento di interi continenti, che impoveriscono e devastano come locuste. Ho da sempre un interesse profondo per l’Africa, come per la Cina. Di entrambe le realtà, che giudico straordinarie e pregne di futuro, conosco bene la storia e le dinamiche sociali. Cerco di documentarmi su libri e riviste, senza sentire la necessità di andarci fisicamente. Quando sono stato a Pechino non mi sono stupito di quasi nulla: la conoscevo già, anche se solo “virtualmente”. Si può descrivere un paese anche senza andarci mai. Comunque per sicurezza ho scelto di crearmelo, così nessuno può dirmi che ho sbagliato a descriverlo…

Ambientando il romanzo in Africa ho anche scelto di rendere omaggio a quello che per me resta uno dei libri più importanti della letteratura moderna: “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, IL libro sulla colonizzazione europea dell’Africa. Un libro che svela come le tenebre che vediamo in certe parti del mondo siano esportate da noi, nascano qui, nell’Occidente “civilizzato”. D’altra parte Auschwitz è stato concepito qui, è “Made in Europe”. Quando anni fa, in un’intervista alla radio, prevedevo che i primi campi di concentramento del futuro sarebbero sorti in Svezia, i miei ascoltatori facevano dei sorrisini di compatimento. Beh, aspettate e vedremo. Come ho detto al mio editore quando due anni fa ho scritto “Come navi nella notte” in cui prevedevo un governo di destra in Italia… Aspettate. E pregate che l’inevitabile non succeda…

L’Africa è lo specchio in cui l’Europa si riflette e scopre il suo volto malsano e crudele. E Stokar è la mia cartina di tornasole che rivela il male di un posto: che sia il Nord Est italiano o l’Ard Alshams. Lo stana e poi lo combatte. È il mio eroe. Solo nella fantasia gli eroi possono essere “tutti giovani e belli”…

Dicci che Sergio Stokar ritornerà in una nuova avventura e che ci stai già pensando. O almeno dicci una bugia perché noi lettori non possiamo fare a meno di lui. Lo ritroviamo vero?
Yes sir. E non solo lui… Sto scrivendo, e sono già a buon punto, la nuova avventura di Sergio, che in realtà sarà un crossover. L’ambientazione sarà ancora una volta internazionale, ma in Europa. E al suo fianco ci sarà… Beh, questo non posso dirlo. Mi accusano già di fare troppi spoiler dei miei libri. Dovrete aspettare. Comunque Sergio Stokar ritornerà, sì. Decisamente sì.

MilanoNera ringrazia Tullio Avoledo e Marsilio

Antonia del Sambro

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