WW (DiRottamenti) – L’inconfessabile

Quasi tutti i giornalisti passano per la nera, all’inizio. Io no, ci sono arrivata dopo vent’anni di professione e quasi di riflesso: L’Europeo dedica ai grandi gialli un numero ogni anno. Ho finito con l’appassionarmi. Non al sangue. Ma al fatto che i delitti siano uno specchio perfetto, sia pure tragico, della nostra società: riflettono dinamiche sociali, rivalità tra istituzioni, bassi istinti umani, errori, meschinerie, odi repressi. E il tenace maschilismo che attraversa tutti gli strati sociali e culturali.

Per questo ho trovato appassionante l’idea della nuova collana che Mursia sta dedicando ai Gialli italiani irrisolti. Ne ho letto i primi due volumi: Per denaro e per amore. Misteri lombardi, omicidi senza colpevoli (pag. 192, 14,00 euro) di Gabriele Moroni, inviato de Il Giorno e Undici delitti in attesa di verità (pag. 192, 14,00 euro) di Mario Spezi, cronista de La Nazione. Li conoscerete già. A me interessano alcuni casi contenuti. Diciamo: molti dei casi contenuti, perché le vittime, guarda caso, sono quasi sempre donne.
Quello che mi incuriosisce è come spesso, pur dalle pagine di un giornale progressista come L’Europeo, l’immagine che veniva offerta delle donne coinvolte nei delitti era straordinariamente conservatrice. Il settimanale condusse una battaglia importante contro il cosiddetto delitto d’onore (le cui attenuanti, in Italia, sono state abolite soltanto nel 1981). Però se una donna, sia pure dopo vent’anni di maltrattamenti, uccideva il marito (fu il caso, per esempio, di Luigia Pasino) la sua ferocia appariva ben peggiore di quella di un uxoricida uomo. Allo stesso modo, Pia Bellentani, che aveva ucciso l’amante, Carlo Sacchi, non poteva (sia pure per una illuminata Camilla Cederna) essere altro che una donna “traviata” e malata.

Per tutti gli anni Sessanta e perfino dopo la Contestazione, per esempio nel caso dell’uccisione di Simonetta Ferrero, nel 1971, alla Cattolica di Milano, sulle pagine dei giornali ha dominato un perbenismo anche un po’ classista, che di sicuro era lo specchio fedele di una società lenta a evolversi. Ma che in genere aveva poco a che fare sia con le convinzioni dei giornalisti stessi. Sia con la realtà quotidiana. Le ricostruzioni di Moroni e Spezi hanno il vantaggio di arrivare oggi e quindi di raccontare anche qual era la società in cui questi delitti avvenivano e quali erano i termini usati dalla stampa. Per esempio, per definire la prostituta Paola Del Bono, trovata morta annegata nel 1959 all’Idroscalo, si usavano termini come “mondana” o “rispettosa”.

Del delitto, racconta Moroni (che cita appunto l’inchiesta de L’Europeo condotta da Gigi Ghirotti), fu accusato, per una sorta di confessione male interpretata, un ingegnere, Roberto Dalla Verde. Era stato con la prostituta ma non l’aveva uccisa. In una società, che ha sempre considerato la prostituzione una “male necessario” purché non se ne parli, il suo desiderio di confessare i suoi tormenti per le sue pulsioni sessuali finì col diventare una colpa ancora più grave della morte stessa.

valeria palumbo

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