WW (DiRottamenti) – Tutte le perle dell’Aia

C’è una ragazza, in una sala del Mauritshuis, a L’Aia, che vale il viaggio in Olanda perfino quando piove ghiaccio, nevica e tira un vento così forte che sembra di camminare in salita, in montagna. Non ha un nome, ma ha una caratteristica inconfondibile: un orecchino con la perla.

L’ha dipinta Johannes Vermeer e, insieme con la sua veduta di Deft, L’autoritratto da vecchio e La lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulp di Rembrandt, costituisce il tesoro della celebre galleria reale. Ve lo racconto (o ricordo) perché non verrebbe in mente di andare in Olanda a fine novembre (meglio l’inverno vero, forse, con la neve alta ma una metereologia meno pazza) se la capitale amministrativa dell’Olanda non ospitasse in questo periodo un piccolo festival culturale, Crossing Border (www.crossingborder.nl), istruttivo per molti versi.

Prima di tutto perché è un festival che crede in se stesso e si autodefinisce una combinazione unica di letteratura, cinema, musica e arti visuali. A chi, invece, è abituato a girovagare per festival, a cominciare da quelli italiani, la manifestazione olandese sembrerà piccolina, benché non manchi qualche illustre invitato.

Rispetto a gran parte dei festival, poi, è tutto concentrato al Royal Theatre: la sala principale è grande. Le altre decisamente piccine e con pochi posti. Ma il pubblico appare entusiasta. E non soltanto per effetto della birra, che spilla copiosa dagli angoli bar (e si riversa generosa sui pavimenti). Gli sciovinisti sono insopportabili e quindi se rimpiangessi la folla e i luoghi di festival come quelli di Mantova, Pordenone e Sarzana, non farei un buon servizio a nessuno.

Viceversa mi piace notare come una città tutt’altro che piccola (L’Aia ha più di 450mila abitanti), decisamente internazionale (basti pensare alla Corte internazionale di giustizia) e così importante per il suo Paese (vi risiede anche la famiglia reale) sappia valorizzare tutte le sue iniziative, i suoi musei-bomboniera (imperdibile quello di Escher). Ma sopratttutto il suo territorio. La città è verde, ha abolito i semafori perché nessuno si sogna di utilizzare la macchina come un carro armato, ha molte vie pedonalizzate, un’infinità di piste ciclabili.

La gente fa surf su un mare color piombo e corre sotto la neve. Perfino i cani sembrano fare a meno di esercitare le loro funzioni organiche. Peccato che tutto, ma proprio tutto, chiuda alle cinque del pomeriggio. Tranne Crossing Border, ovvio. Il che moltiplica, ovvio, l’entusiasmo dei suoi entusiasti visitatori. Noi italiani, si sa, non siamo mai contenti.

valeria palumbo

Potrebbero interessarti anche...