Crudo e duro, ma molto ben costruito, il noir d’esordio di Luca Poldelmengo è ambientato in una Roma fatta soprattutto di periferie e di emarginazione.
L’autore arriva a coinvolgere un po’ tutti gli strati sociali in una trama disperata, sebbene nel finale, doloroso, si apra lo spiraglio per una qualche forma di redenzione (ma attenzione, non ci si devono lasciar sfuggire le ultime 4 righe…).
Sono le vite di diversi personaggi ad intrecciarsi, per quegli strani casi che l’esistenza umana riserva agli uomini, ciascuno di essi con il pesante fardello che il destino gli ha riservato. E, in effetti, è proprio il destino a giocare la parte del leone in questa storia, facendo sì che le sorti di Andrea, di Flavio, di Renato, di Cristiano, ma anche quelle di Tegla, di Luca, di sua madre e persino di Alida la zingarella con un solo occhio, dipendano ineluttabilmente le une dalle altre, senza possibilità di scampo.
Le pagine si inseguono veloci accompagnando il lettore in un crescendo di tensione che non lascia presagire nulla di buono, come troppo spesso accade anche fuori dalla finzione letteraria, quando è l’odio nei confronti del prossimo, invece dell’amore, ad avere la meglio.
Come è nata la trama così crudamente attuale di questo romanzo?
Le mie storie solitamente nascono da una somma di: immagini, sensazioni, piccoli eventi che raccolgo durante il mio quotidiano e che sedimentano, sino a che non sento il bisogno di dargli una forma. Odia il prossimo tuo non fa eccezione. Sono partito da “due uomini salgono su una collina, ne scenderà solo uno”, un’immagine che mi girava per la testa da parecchio tempo, alla quale si è sommata quella di una prostituta non più giovanissima che faceva la maglia dentro la sua roulotte in attesa di clienti, scena che ho visto di persona mentre andavo in bici… Questi e altri “frammenti”: si sommano, si inseguono, si modificano, e alla fine nasce una storia.
Quanto conta l’ambientazione romana?
Roma è determinante. Per quanto la amo e per quanto la odio, ma soprattutto perché credo di sentire la forte necessità di sovrapporre il mio universo immaginifico ad un contesto che vivo quotidianamente come reale.??
Come mai la scelta del noir come forma narrativa?
Ho semplicemente seguito il sano principio di raccontare storie che a me per primo piacerebbe leggere e vedere. Amo da sempre il genere noir, che obbliga il lettore ad empatizzare con personaggi nel migliore dei casi eticamente discutibili e quindi a rapportarsi con il “lato oscuro” che abita ciascuno di noi. In virtù di questo vivo il noir come una possibilità di scrutare la società in cui viviamo da un’angolazione privilegiata.
Tu sei prima di tutto uno sceneggiatore. ora hai fatto il tuo esordio anche nella narrativa. come ti immagini il tuo futuro?
Il cinema è il mio grande amore, e come tale non vorrei – dipendesse da me – rinunciarvi. La letteratura è una passione che mi ha coinvolto in tempi più recenti , un colpo di fulmine che ha lasciato il segno. Quindi cerco di non rinunciare né a uno né all’altra: attualmente sto scrivendo un film e ultimando il mio primo racconto.??
C’è qualche autore che è stato per te particolarmente significativo? Chi ami leggere?
Se rimaniamo negli italici confini sicuramente Ammanniti e De Cataldo, oltre all’immenso Scerbanenco (anche se è nato a Kiev). Tra gli stranieri Ellroy e Bunker su tutti. Fuori dal genere amo molto, tra gli altri, Steinbeck e Dostoevskij.