Il dolore di un figlio e l’esistenza di un’intera famiglia sconvolta per sempre per l’assassinio del padre. Mario Calabresi racconta ciò che la storia e la cronaca non hanno saputo o voluto raccontare. Il figlio del commissario Luigi Calabresi, ucciso il 17 maggio del 1972 dopo una campagna infamante condotta da “Lotta Continua”, ricostruisce la storia di quella tragedia partendo dall’intima e giusta convinzione che ricordare è il primo atto di giustizia necessario per chi rimane.
Troppo spesso infatti i figli delle vittime del terrorismo devono fare i conti con l’ignoranza della gente, il pressappochismo dei giornalisti che sbagliano anche i nomi delle vittime, l’insensibilità dei politici, il tempo che cambia e scolora i ricordi e la mancanza di attenzione delle istituzioni.
Dovranno passare ben 32 anni prima che un Presidente della Repubblica (Carlo Azeglio Ciampi) si degnasse di assegnare al commissario Luigi Calabresi la medaglia d’oro alla memoria.
Mario Calabresi racconta i sentimenti di un figlio privato dell’affetto del padre e le difficoltà di una famiglia che si ritrova catapultata suo malgrado nella storia. Ne viene fuori un quadro famigliare straordinario per forza di carattere, dignità, compatezza, umanità e soprattutto per l’assenza di desiderio di vendetta.
Un passaggio, quest’ultimo, per niente scontato quando si parla di una moglie e di una madre, Gemma Capra, che a soli ventitré anni è rimasta sola con due figli piccoli e uno ancora in grembo.
La vedova di Luigi Calabresi ha avuto l’intelligenza e il merito di non aver vissuto nel rancore, di non aver trasmesso ai figli l’odio nei confronti di chi ha ucciso il padre e nemmeno verso chi ha continuato in tutti questi anni a ucciderlo a parole. In questo modo ha dato ai figli una speranza e il libro del primogenito Mario ne è la dimostrazione.
Leggendo questo libro si capiscono anche molte cose di un periodo, gli anni Settanta, che ancora oggi fa sentire il suo peso nel dibattito politico italiano. La storia raccontata da Mario Calabresi è, come direbbe Nando Dalla Chiesa, la storia di un «cittadino per bene».