«La stagione del sangue» è il più efficace thriller straniero uscito da inizio 2016 a oggi. Insieme a «E’ così che si uccide» dell’italiano Mirko Zilahy, divide il primato assoluto di questi primi cinque mesi. Guarda caso, entrambi i libri sono editi da Longanesi. Prima di stilare classifiche definitive, però, vediamo cosa accadrà da qui a fine anno (c’è molta attesa, solo per fare due esempi, per il nuovo Dazieri o per l’esordiente D’Andrea). Alla sua seconda prova il norvegese Samuel Bjork convince puristi e no: con Jo Nesbo è il meglio che la Scandinavia offre sul mercato editoriale mondiale. Il romanzo ha diversi punti di forza. Gli investigatori innanzitutto: Holger Munch e Mia Kruger. Una squadra perfetta, lui «vecchio» ed equilibrato, lei depressa e alcolista, quasi la copia di Carrie Mathison di «Homeland». E Munch, a ben pensarci, potrebbe essere Saul Berenson (non sapete di cosa parlo? Non perdete altro tempo: scaricate la serie statunitense!). I punti di forza, dicevamo. «La stagione del sangue» è scritto talmente bene da farci perdere l’orientamento; la scrittura stessa è più forte addirittura della trama. Cosa c’è di meglio del puro, sacrosanto, piacere di leggere? A tratti, poi, non sembra nemmeno un romanzo di genere.  A ricordarcelo, che lo è, c’è la trama, durissima. Munch e Kruger danno la caccia a un uomo che costringe le sue vittime a girare nude, come i criceti, su una ruota dove possono attingere croccantini e acqua per non morire. Il tutto in diretta internet. Vale la pena aggiungere che anche il primo thriller di Bjork era una bomba. E ricordare che l’autore, così come Nesbo, è anche musicista e autore di pièce teatrali. Un genietto? Se fosse un cd, questo romanzo potrebbe essere «Drones» dei Muse. Voto: 9.