Come si fa a non acquistare un giallo il cui protagonista si chiama (furbescamente) Adriano Panatta? Se ami il tennis, impossibile. E infatti lo acquisti e lo utilizzi, peraltro, come antidoto all’ennesima estate priva di titoli. Perché mai, mi chiedo, proprio quando quasi tutti abbiamo più tempo libero, l’editoria chiude le porte? Non dovrebbe fare esattamente il contrario? “Una perfetta geometria”, esordio di Giorgio Serafini Prosperi, mette tutti d’accordo: è un romanzo più che buono, uscito in sordina a fine giugno, ma recuperato grazie alla segnalazione del mio quotidiano preferito, “Il Fatto”, in pieno agosto. Spinto dalla ex moglie, Panatta, ex commissario, ex bulimico relegato in un ufficio ministeriale a sbrigare pratiche assicurative, indaga su un caso intricato che coinvolge una setta, la politica e una seducente e “matta” giovane donna. Uno dei comprimari del libro si chiama Manzini, come il più celeberrimo scrittore, che infatti in quarta di copertina dà una spinta all’amico (per ora) meno noto di lui. La trama è molto attuale, dalle schifezze perpetrate dalle sette agli scandali di potere, condita di molta introspezione. Lo stile è abbastanza asciutto, nero, vicino, sì, a quello di Manzini, anche per i continui riferimenti alla vita privata del protagonista. Un neo: uno dei coprotagonisti gioca un ruolo abbastanza importante nelle prime 150 pagine, poi scompare (senza “giustificazione”). Bella l’edizione della milanese “Nn”, con qualche refuso che si perdona volentieri, tenuto conto della giovane età. Se fosse una canzone, ovviamente in onore di Panatta, quello vero, potrebbe essere “e la luna bussò” di Loredana Bertè (i riferimenti musicali, quelli dell’autore, li trovate tra le oltre 300 pagine del romanzo). Voto 7/8.
Una perfetta geometria
Alessandro Garavaldi