Intervista a Elena Mearini – finalista al Premio Scerbanenco con È stato breve il nostro lungo viaggio

downloadElena Mearini è una dei cinque finalisti al Premio Scerbanenco 2017

Non è un libro per palati facili. Cosa ti ha spinto a raccontare una storia, soprattutto coniugata al negativo come questa?
L’urgenza di raccontare quanto sia importante comprendere chi siamo davvero, oltre l’immagine che restituiamo agli altri. Un processo che ci obbliga al confronto con la parte più oscura di noi. Guardare in faccia il nero che ci vive dentro, attraversarlo. Dannarsi per guadagnare la propria verità.

Cesare il protagonista della tua storia, prova un senso di vuoto di inadeguatezza,  impotenza e di  solitudine. E soffre. Quali sono i legami con la straordinaria poesia di Montale?
Cesare è dominato dal vuoto, manca a sé stesso. La poesia, in generale, è una costante umana che contempla la bellezza e tralascia l’abbandono. Lei c’è, è presente sempre. Il verso di Montale contenuto nel titolo vorrebbe essere, oltre che un omaggio al grande poeta,  un po’ un esempio per il protagonista. Cesare dovrebbe fare come la poesia. Esserci, sempre. Non mancare mai.

L’uomo giusto al  posto giusto e al momento giusto, come nei migliori spot pubblicitari. Ma chi è veramente Cesare Forti?
Cesare è un uomo che non si è mai davvero guardato dentro, uno di quelli fatti dagli sguardi e dalle richieste degli altri. Le cose attorno  lo hanno plasmato, e lui  si è ritrovato ad assumere una forma non scelta, perfetta certo, ma non autentica. L’apparenza fatta di successo, potere, bellezza e denaro ha silenziato la sua verità. Cesare per anni è rimasto sordo a se stesso.

Cesare e la sua storia personale. Quali profondi guasti psicologici ha creato in lui la prevaricazione paterna  e le vicende collaterali?
Il padre non ha mai riconosciuto in Cesare una persona con una propria autonomia di sguardo, respiro e scelta. E’ stato un padre cieco, incapace di guardare il figlio. Se un padre non ti vede, tu, figlio, ti senti delegittimato a esistere, scompari a te stesso, come se non fossi nato mai. Il grande male di Cesare è questo, non trovarsi tra i vivi, sentirsi un non nato.

12592756_10206933416927125_6607706595962712171_nCredi possibile per qualcuno che non sia un professionista del crimine o un agente segreto vivere una seconda vita senza “sbroccare”?
La  seconda vita passa sempre da una rottura, una separazione dalla prima, un taglio che contiene dolore. Ci arrivi avendo fatto esperienza di una qualche forma di male, ci arrivi dannato. Il punto è che alcuni riescono a sopportarla questa dannazione, altri no, e allora soccombono.

Tradimento, ricatto, rimpianto, vigliaccheria, Cesare sembra lo sfortunato compendio  di tutto ciò. Ti servi della metafora Cesare per evidenziare e condannare certi costumi e realtà del nostro mondo attuale?
Cesare è il risultato del vuoto contemporaneo, una condizione che provoca assenza di riferimenti e quindi smarrimento. Siamo tutti coinvolti, in questo andare alla cieca che spaventa, impaurisce e riduce. Ci ritroviamo deboli di fronte al male, così tanto da piegare la testa in partenza. Non riusciamo nemmeno a guardarlo in faccia, così ci diventa impossibile conoscerlo e riconoscerlo. Quando il male resta ignoto, domina. Diventa imbattibile.

Cosa rappresenta davvero per lui la trasgressione Alma? Perché si lascia coinvolgere supinamente?
Alma per Cesare è la spinta ingovernabile, il colpo violento e necessario a rompere l’involucro fittizio che lo avvolge. Alma rappresenta un male diverso, indispensabile al raggiungimento di una verità. E’ il danno imprescindibile.

Chi è la vera Alma? Una manipolatrice o solo una vittima?
E’ una vittima che non viene ascoltata e allora diventa carnefice per farsi sentire.

Un mondo di negazione, di male e di sopraffazione dietro le spalle. Cesare  verrà implicato fino in fondo nel suo destino, condannato e  punito. Nessun vero riscatto? Oppure?

L’unico riscatto è la consapevolezza. Alla fine Cesare capirà di non essere mai nato davvero, mai venuto alla luce. Si è mosso nel mondo in mancanza di sé.

La fiction è fiction, la realtà  ben altra cosa. Il breve, simbolico limbo offerto a Cesare da Davide di Cesare, era solo un continuo rinviare continuando a macerarsi nei ricordi e nelle illusioni. Come poteva sperare di non confrontarsi con le sue responsabilità?
Quando non vedi te stesso non puoi certo accorgerti della realtà. Ogni cosa appare finta, illusoria, sganciata dalle leggi del reale. Capace persino di cadere all’insù.

Alla fine, se ci saranno, quali saranno i suoi punti fermi?
L’essersi smarrito come uomo. Il desiderio di ritrovarsi come padre.

Cosa cerca Davide e cos’ha di ciò che invece Cesare non ha mai avuto?
Davide cerca un padre degno di essere chiamato tale, Davide ha un sogno in cui crede davvero. E’ questo che fa la differenza tra lui e Cesare, il sogno.

Cinema: il logo del Courmayeur Noir in Festival
Noir in Festival

Ricordiamo che tutti i finalisti saranno presentati  il 4 dicembre alle ore 18.30 presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano.

Il Premio Giorgio Scerbanenco 2017, consistente in un ritratto di Giorgio Scerbanenco ad opera dell’artista Andrea Ventura, verrà consegnato la sera del 4 dicembre all’Anteo Palazzo del Cinema alle ore 21.

 

Patrizia Debicke

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