L’arte di correre sotto la pioggia e la vera storia di Solomon
La tristezza ha un potere catartico. Piangere fa bene, scioglie i nodi dell’anima ed è un viatico emotivo per sublimare le paure. Inside Out, il nuovo film d’animazione realizzato dalla fusione dei due giganti Disney e Pixar, l’ha raccontato ai più piccoli.
La prendo alla larga per parlare di due romanzi, che non lasceranno gli occhi asciutti. Chi ama gli animali e chi crede che essi nascondano tra le pieghe dei loro musi, sotto le loro vibrisse, nella loro pelliccia, un’anima umana non resterà indifferente a “L’arte di correre sotto la pioggia”, il best seller di Garth Stein tradotto in 28 lingue diverse rimasto per 40 settimane nella classifica del New York Times.
Il romanzo è un compendio di passioni: l’automobilismo e gli animali. Il racconto è in prima persona ed è tratteggiato sotto forma di un piano sequenza, quello di una vita, visto dagli occhi di un cane. Perché il vero protagonista della vicenda, che, prima dell’epilogo è quella di una comune famiglia americana, è Enzo, un cane che già nel nome, include la seconda passione dell’autore, quella per i motori e in particolare per le rosse di Maranello.
Enzo, si dimostrerà più umano di alcuni protagonisti della storia, come i “gemelli”, temibili genitori della moglie di Danny, o la sfilza di avvocati che si succederanno per una causa di affidamento. Le vicende sono quelle che potrebbero capitare a chiunque: il tunnel della malattia, la porta della morte, il sipario che si apre sulla nascita, e ancora il successo e di nuovo la morte, che in realtà trascende in un nuovo inizio. Ed Enzo è sempre accanto: indifferente ai problemi economici, alle inadempienze del suo padrone per mancanza di tempo, pronto per appoggiare il muso e a leccare le lacrime di Danny, quando la figlia, desiderata e voluta è strappata dalle sue braccia. Enzo, c’è. E solo chi ha avuto un cane, può capire quale sia la sensazione di quell’ultimo viaggio del migliore amico. Afflitto da una malattia sclerotizzante e debilitante, Enzo è costretto a trascinarsi su zampe che non lo reggono più, incapace di trattenere i suoi stimoli vitali. E il romanzo si conclude con una grande lezione di vita: in cui sono gli uomini ad imparare ad essere umani dagli animali.
Ma anche Solomon (La storia di Solomon, Tre60) è un gatto speciale. A cominciare dall’aspetto. Sembra indossi uno smoking , posato sul folto manto nero, a contrasto con zampe e pettorina candide. Sebbene la vera peculiarità di Solomon non sia questa. Dal primo istante in cui Ellen, lo porta a casa, fradicio di pioggia, capisce che si tratta di un gatto straordinario. I suoi occhi sono così profondi da indurre Ellen a chiamarlo come il saggio re d’Israle e come il suo primo gatto. Perché Solomon è il primo gatto di Ellen. La storia, attraverso flashback legati all’infanzia della protagonista, attraversa le fasi della vita di una famiglia, pronta allo sfascio, ma redenta e salvata grazie alla saggezza del mite felino. D’altronde chi l’ha detto che gli angeli custodi non possano reincarnarsi nel corpo di un animale?