Una del giro



sara gran
Una del giro
longanesi
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Ha senso in questo nuovo millennio ripercorrere con entusiasmo filologico le tematiche hard boiled, quello vero, americano, quello di Dashiell Hammett e Mickey Spillane? D’istinto fino a qualche settimana fa avrei risposto di no e invece Sara Gran mi ha fatto cambiare idea. Perché è con un brivido di sincero piacere che ho letto questa discesa all’inferno di Josephine (ma tutti la chiamano Joe), ex tossica, ex puttana, di professione truffatrice di mezza tacca, trasformata da uno scherzo del destino in investigatrice senza licenza, e sbirciato, vergognandomi un po’, nell’animo corrotto di New York, nel senso di colpa che muove le azioni di Joe. L’ho accompagnato in un tour maledetto nei bassifondi di una Hells Kitchen nera e disperata. Ho sperato in un finale liberatorio, illuminato dalla speranza e invece ho preso un pugno in faccia. Come è giusto che sia, perché se l’hard boiled ci ha insegnato qualcosa è che non esistono innocenti ne lieto fine. Forse questo libro (molto diverso e, a mio parere, molto migliore di quello d’esordio della Gran) è completamente inutile, forse è meglio andarsi a ripescare un classico, ma ho sempre rispetto per chi riesce a farmi versare qualche lacrima.

mauro zola

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