Lo confesso, di fronte all’ennesimo commissario come protagonista di un giallo ho traccheggiato e, poi, ho affrontato dubbiosa la lettura di Acqua Morta. Ma sbagliavo, perché un giallo d’indagine attualissimo, veloce e spiritoso, ambientato ai nostri giorni nella laguna è raro. Venezia è Venezia e qui, con le sue bellezze infinite e croniche debolezza, si trasforma nell’impeccabile cornice della storia. Imperdibile. E, in più nel romanzo Catozzi fa quasi il gioco della tre carte perché mischia con abilità un caso investigativo da manuale, alza il coperchio del pentolone della strega – rimestando tutte le trame “mafioeconomiche” locali che vanno dalla mala gestione della Banca Veneta, ai “giochini” di project finanging che toccano anche il Mose, senza trascurare il controllo del giro delle escort di lusso, insomma tutti o quasi gli affari sporchi della politica veneta – e, non ultimo, un quasi dimenticato “cold case” .
La quarta di copertina recita infatti:
«Venezia, 1981. Una giovane coppia, appartata su una panchina dei giardini della Biennale, a Sant’Elena, viene aggredita. Il ragazzo resta ucciso, la ragazza precipita in un silenzio al limite della follia, che rende impossibile risalire al colpevole. Alla Polizia non rimane che archiviare il caso.»
Cosa vuol dire? Da me non lo saprete certo, vi anticipo solo qualcos’altro per stuzzicare .
Lunedì 30 aprile all’ alba: un raccoglitore di cozze abusivo scopre un cadavere in mezzo alla melma dell’acqua morta di un canale secondario nella laguna vicino alla stazione.
Il commissario Nicola Aldani, la cinquantina, con moglie e tre figli bambini, è in ferie a casa sua a Venezia (sestiere di Cannaregio), che tenta di chiudere gli ultimi scatoloni, completare il suo trasloco che ormai si trascina da due mesi e raggiungere la famiglia nella nuova, più grande e comoda casa a Mestre . Ma le sue ferie e i suoi programmi finiscono alle sei del mattino quando una telefonata del questore gli appioppa l’indagine.
Dai primi risultati parrebbe che il morto della laguna, Mirco Albrizzi, notissimo e ricco finanziere, si sia suicidato. E, a giudicare dagli esami autoptici, con una pistola di piccolo calibro. Mirco Albrizzi, creatore della Banca Veneta, finanziatrice di locali intrallazzi a tutti i livelli, era nipote del senatore Albrizzi, abilissima banderuola politica , sposato (ma separato) con Vania Corò, ricca imprenditrice rampante sua socia in varie holding finanziarie ecc. ecc…. Insomma giostrava abilmente tra varie “grasse” attività, tra Venezia e d’intorni.
Le alte sfere: politica e finanza (e ti pareva: un classico) premono sulla polizia per chiudere il caso al più presto con un finale che piace a tutti: suicidio.
Il 1 maggio ( con tutte le complicazioni di dover indagare in una giornata come questa) Helen Abduc, bella ragazza di colore, amante del defunto ( o almeno l’ultima, visto che i suoi appetiti erano sfrenati e un po’ perversi), viene trovata a casa sua uccisa da un colpo di pistola alla testa. Il suo computer, un Apple è scomparso .
Il giorno dopo a shakerare il tutto c’è anche l’intervento della Guardia di Finanza che indaga su Albrizzi. Poi et voila l’imprevisto: l’ ingresso in scena di Zennari, un famoso ex commissario che aveva indagato sulla aggressione ai due ragazzi del 1981 (la ragazza era Laura Albrizzi, sorella del morto ) che ha annusato l’aria e sentito odore di bruciato . Insomma qualcosa non quadra . Alcuni particolari si scontrano con la tesi del suicidio. Poi… Le piste si confondono, le acque si intorbidano, e per arrivare alla soluzione bisogna affrontare un serie di colpi di scena e sbrogliare lontani misteri. Niente è successo per caso.
Da citare per forza Nicola Aldani, protagonista simpaticamente reale, con un vispo ispettore che porta con discrezione il nome Manin e un , che dire?, irrinunciabile Vitiello, poliziotto di origini rigorosamente laziali, al timone del Toni, il vecchio e rugginoso ma rombante motoscafo, la Volante di servizio della Sezione Mare.
Una fascinosa Venezia quasi estiva, o almeno il termometro tale la dà, vissuta e palpabile, descritta in modo superbo dal suo autore nato a Mestre come il suo protagonista ma in tutto e per tutto vero un veneziano “doc”.
Scrittore da tenere d’occhio, dotato di umorismo, di spirito critico e che riesce a regalare lievità e sapore a un intricato caso poliziesco con “l’aiutone” di un insostituibile scenario.
Nato nel 1960, Michele Catozzi ha vissuto a lungo in Veneto. Ha passato molti anni a Treviso, dove si è occupato di editoria e giornalismo. Dopo aver scritto diversi racconti, pubblicati in antologie e riviste, ha partecipato al torneo letterario IoScrittore del 2013 con il suo romanzo, Il mistero dell’isola di Candia, che è arrivato tra i finalisti ed è stato pubblicato in ebook.
Con Acqua morta ha vinto l’edizione 2014 di IoScrittore.