Vendetta a Venezia



Philip Gwynne Jones
Vendetta a Venezia
NewtonCompton
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La Biennale di Venezia è uno degli appuntamenti di alto profilo che periodicamente riportano alla ribalta mondiale i meravigliosi canali della Serenissima. Critici d’arte, pittori, scultori e giornalisti si riuniscono per discutere di mostre, aprire al pubblico installazioni e assistere a vernissage da cui si accendono i riflettori sulla Laguna.
Nathan Sutherland, protagonista di Vendetta a Venezia, vive da sei anni nella città sull’Adriatico e da due ricopre il ruolo di console onorario della Gran Bretagna. Ha una fidanzata chiamata Federica Ravagnan, che si occupa di restauro, un grande amico di nome Dario, e un lavoro come traduttore freelance. Nathan e la sua compagna amano consumare cicheti, sorseggiando spritz, mentre visitano le bellezze tra le calli di Venezia e partecipano agli eventi collegati alla grande manifestazione artistica biennale.
Il console onorario, in particolar modo, per ragioni legate alla carica ricoperta non può esimersi dal presenziare agli incontri organizzati nei padiglioni delle Home Nations del Regno Unito. Qui, tra bicchieri di wiskey e calici di prosecco, assiste a un incredibile omicidio: il feroce critico d’arte Gordon Blake-Hoyt, per gli amici GBH, muore decapitato da una lastra di vetro che cade dalla cima di un’installazione proprio sulla sua testa. Non solo, alla drammatica e spettacolare dipartita seguono due eventi senza precedenti: l’apparizione di cartoline profetiche che ritraggono opere minacciose, come La visione della morte di Gustav Doré, e la sparizione di Paul Considine, artista di punta della delegazione inglese.
Il consumo francamente eccessivo di alcolici non distoglie il console onorario dal dare inizio a un’indagine autonoma volta a individuare l’artefice della scia di sangue che collega arte e morte tra gli scorci del salotto d’Europa. Un altro elemento che fortunatamente non onnubila il giudizio di Sutherland sono i frequentissimi luoghi comuni sull’italianità, che fanno capo nei suoi ragionamenti senza tuttavia impedirgli di smascherare, anche grazie all’aiuto del gatto chiamato Gramsci, l’artefice di un piano criminale ben congegnato ma un po’ macchinoso.

Thomas Melis

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