Se una collana curata da Massimo Carlotto decide di puntare sul primo romanzo di uno storico sceneggiatore di fumetti, significa che la penna di “Un caso come gli altri” ( Sabot/age) non è un autore qualunque. Storica firma della Bonelli Editore, legato a decine di storie di Dylan Dog, Pasquale Ruju è reduce dal successo di Hellnoir, miniserie conclusasi in gennaio.
Concepita e “scritta” come un vero e proprio romanzo in quattro capitoli, Hellnoir rappresenta l’approdo maturo ed originale di un percorso autoriale sviluppatosi con le uscite di Demian e Cassidy, altra miniserie votata al crimine e di prossima ristampa.
Il progetto narrativo è di quelli ambiziosi e ben riusciti: miscelare il gusto familiare di generi e stilemi consolidati, come il noir più puro ed iconico, senza rinunciare alla sperimentazione.
Così, grazie alle matite di un Giovanni Freghieri in stato di grazia e libero dalla gabbia bonelliana delle serie regolari, Ruju vince la scommessa e confeziona un piccolo gioiello. Hellnoir, metropoli infernale pronta ad accogliere qualunque vittima di morte violenta, esce infatti dalle tavole e si concretizza in un universo urbano di profondità rara, palpabile ed oscura. È in questo inferno anarchico e corrotto, mentre il governo della crudele casta demoniaca (i Daem) stringe alleanze con l’influenza dei morti più illustri ed anziani, che il tema hard boiled si vena di sfumature horror e s’incarna nel corpo dannato e nell’anima irrequieta del detective Melvin Soul. Ucciso molti anni prima sotto gli occhi di una figlia ormai divenuta poliziotta (e con la quale si mantiene in contatto medianico), Melvin si troverà costretto a sfidare le alte sfere dell’aristocrazia infernale proprio in nome della “piccola” Cassie, impegnata in una complessa indagine sull’omicidio rituale della figlia di un senatore. La ricerca dell’assassino terreno da parte di Cassie scatenerà la caccia di Melvin alla vittima dannata, generando così un intreccio dialettico di rimandi e conseguenze tra le due dimensioni. Nel contrasto tra le due indagini e tra i due mondi, reso superbamente dalle due differenti scelte grafiche di Freghieri, è la realtà di Hellnoir ad aver la meglio sulla contemporanea e più canonica Chicago. Tra bianchi e neri fortemente contrastati ed un senso di pericolo continuo ed opprimente, la bellezza gotica e perversa della megalopoli infernale diventa il teatro perfetto per le gesta di un tipico antieroe chandleriano. Cinico, bevitore e donnaiolo, Melvin ripropone così l’arsenale di vizi e virtù del classico investigatore alla Philip Marlowe, tutto trench e sigarette. Diviso tra alcol e femmes fatales, disilluso ed idealista allo stesso tempo, Soul resiste alla decadenza morale che lo circonda, opponendole un istintivo spirito di giustizia che coltiva in un ufficio la cui porta dal vetro scritto e smerigliato arriva dritta dal cinema poliziesco anni Quaranta. La continua e sistematica narrazione in prima persona, con una quarta parete che deflagra esponendoci direttamente alle minacce demoniache, completa la cifra stilistica di un progetto noir fortemente letterario, costantemente in bilico tra manierismo ed innovazione. I testi di Ruju dettano quindi le regole di un gioco cupo e coerente, accompagnando il lettore per marciapiedi e vicoli di una capitale satanica fuori dal tempo, dove il gangsterismo novecentesco di antichi imperatori si mescola alla brutalità di demoni senza missione, trovando nel senso di morte onnipresente il vero motore dell’avvincente arco narrativo.
Mentre si sprecano rimandi e paragoni con i classici del noir e del pulp a fumetti (da The Spirit a Sin City passando per Torpedo) e si riscontra una recente propensione bonelliana per le atmosfere nere (come non pensare alla miniserie Coney Island ed alla New Heliopolis di Morgan Lost), Hellnoir resta soprattutto ciò che è, un ottimo esempio di produzione italiana, capace di rispettare il genere, innestandone i pilastri distintivi in nuovi universi narrativi.