Il collezionista di bambole



Joyce Carol Oates
Il collezionista di bambole
Il Saggiatore
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Quelli raccolti ne Il collezionista di bambole non sono semplici racconti “neri” che narrano storie di sangue e delitti, tutt’altro. Joyce Carol Oates riesce infatti a veicolare, attraverso le sue pagine, un forte messaggio di critica sociale, nel pieno della tradizione della letteratura di genere. In particolare, la scrittrice di Lockport (New York) descrive in maniera spietata una certa America “di periferia” che ha sempre contribuito poco alla produttività degli States, divenendo un peso per la società e per la politica a stelle e strisce, che l’hanno quindi abbandonata al suo destino, trasformandola di fatto in un ricettacolo di degrado, ignoranza e violenza.
Si pensi al protagonista di Soldato, razzista bigotto e guerrafondaio (figura tremendamente attuale nell’America di Donald Trump) che uccide senza motivo un giovane ragazzo indifeso che ha l’unica colpa di avere la pelle del colore sbagliato; o ai personaggi di Incidente con arma da fuoco, in cui il fatto di sangue alla base del racconto scaturisce dal contrasto “di classe” tra la famiglia della protagonista, proveniente da una realtà povera e disagiata, e quella alto-borghese della coppia proprietaria della villa dove avviene “l’incidente” del titolo; o, infine, alle vittime del racconto che dà il titolo al libro, Il collezionista di bambole, che dopo essere state assassinate cadono nell’oblio in cui vengono da sempre dimenticati tutti i perdenti, tutti “gli ultimi”.
Il merito della Oates è anche quello di non essere didascalica: le sue critiche alla politica, ad una società borghese indifferente verso i meno fortunati e le classi meno abbienti, è nascosta tra le righe, non si fa mai palese; a dimostrazione che il rispetto dell’autrice nei confronti dei suoi lettori è totale.
Cosa che, in un’epoca in cui gli scrittori si sentono in dovere di spiegare sempre tutto a tutti, non è da poco.

Pierpaolo Labadia

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