Presentato al lettore da una prefazione di Marcello Fois, probabilmente il più grande scrittore sardo in attività, “Un’altra verità” di Nicola Verde pone al centro dello fondo narrativo un’oscura Sardegna sospesa tra una molteplicità di dinamiche arcaiche e immutabili e l’inarrestabile tempesta alimentata dal soffio della modernità.
La vicenda si svolge nel 1969, anno dello sbarco sulla Luna, con il maresciallo Dioguardi, personaggio principale del cosiddetto “ciclo sardo” iniziato da Verde con “Sa morte secada”, romanzo semifinalista al Premio Scerbanenco, che si trova impegnato a indagare sul brutale omicidio di Narciso Aggius, un ingenuo servo pastore a servizio della potente famiglia Corrias. La serie di opere dedicata alla Sardegna più oscura e misteriosa è stata pubblicata in principio nella seconda metà degli anni Zero, per essere riproposta integralmente, a partire dal 2020, da Fratelli Frilli Editori, storico marchio genovese del poliziesco/noir.
Scenario principale della vicenda è un piccolo borgo chiamato Bonela, luogo immaginario della Sardegna profonda forse corrispondente alla reale Bolotana, dove nel contempo le ciminiere di un nuovo petrolchimico imposto da “sa justizia” di uno Stato nemico si ergono, aprendo uno squarcio sul Ventesimo secolo, mentre un codice millenario continua a scandire i rapporti tra i membri della società e a regolare in modo puntuale la risposta legittima da corrispondere per l’offesa ricevuta.
In questo microcosmo lontano da ogni altra realtà italiana, di allora e di oggi, Nicola Verde muove i fili dei pittoreschi personaggi di “Un’altra verità”, come il printzipale Toneddu Corrias o la chiacchierata nuora Chiarella Fadda, e palesa le motivazioni, le contraddizioni e le disfunzioni di una comunità chiusa, secondo molti ancora selvaggia, refrattaria al cambiamento e alla modernità.
Con una narrazione che procede a ritroso, svelando tramite la voce dei protagonisti un pezzo alla volta del mosaico macabro che compone il caso Aggius, “Un’altra verità” scava a fondo, si addentra ben oltre le consuetudini di un’eccezione incomprensibile come il Codice barbaricino e riporta alla luce riti e superstizioni che l’isola dei nuraghes conosce da millenni.