Il momento è delicato



niccolò ammaniti
Il momento è delicato
einaudi
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Ammaniti è una garanzia. Sai già cosa ti aspetti prima di cominciare a scorrere l‘incipit dei suoi romanzi. In un momento storico in cui il navigare a vista nel mare dell’incertezza sta diventando consuetudine, la sua scrittura offre una rassicurante ancora. Sai, fin dall’inizio che, con poche pennellate ti porterà in un campo bruciato dal sole, nell’incendio saturato di una periferia romana, in mezzo ad adolescenti che procacciavano idrovore al posto di fidanzate. Sai che i protagonisti saranno ragazzini in bilico sulla pubertà alle prese con goffe iniziazioni e dalle vite sformate per le aspettative estreme, piegate dai sensi di colpa e confuse dalle amicizie sbagliate. E sai, altrimenti, che tra quelle parole saranno banditi gli adulti, abbozzati e circoscritti a una cornice come il padre che lascia il figlio in casa da solo, reo di avere rotto una zuppiera.

Ragion per cui Ammaniti è come il porco. E non mi riferisco alle attitudini sessuali peraltro incombenti nel corso della narrazione, tanto che, anche il lettore meno attento leggendo uno solo dei racconti all’interno della raccolta edita per Einaudi, saprebbe perfettamente ricostruire il podio dei desiderata sessuali di Niccolò.

Piuttosto perché come il simpatico animale rosa, grufolante nell’aia, di Ammaniti non si butta via niente. Fegatelli di racconti, inizi mozzati e finali bruciati. Ammaniti è riciclatore delle parole così come Pieraccioni lo è dei film. A cominciare dalla prefazione che motiva il titolo del libro. Un viaggio a Milano avvenuto anni prima e una raccolta di racconti in cerca di editore. Solo che lo scrittore viene scippato, mentre si appisola nel vagone, e si trova nella stazione Centrale di Milano senza neanche un gettone per poter chiamare l’editore che lo aspetta a Segrate. D’altronde “il momento è delicato”, si sente dire dall’altra parte della scrivania dall’editor della narrativa italiana cui propone questo collage. Stessa battuta che si sente proporre a ogni contratto. Fino al successo di Fango.

Perché, è questo è un dato di fatto, Ammaniti può anche digitare sulla tastiera bendato e con la mano sinistra (ndr. Non sarà mancino, vero?) o tirare fuori dal cassetto schegge che aveva scritto sotto effetto di allucinogeni che lui venderà a prescindere. Deliziando il lettore con la prevedibilità della scansione impressa nei suoi plot. Un inizio folgorante cui seguirà la fase amletica della metamorfosi che diviene miccia di pensieri, fantasie, eventi, errori fatali.

Tre e quattro righe e sei dentro la storia scansionata secondo il ritmo dell’eterno ritorno dell’uguale. Dove si riparte sempre dal via, come nel gioco del Monopoli in cui i soldi sono figurine colorate e la prigione è nelle mani dei dadi.

Da La figlia di Shiva, racconto d’esordio nel lontano 1993, al folgorante finale di Apocalisse (2012), l’antologia Il momento è delicato propone un percorso narrativo in cui sono riconoscibili stilemi e un comun denominatore che unisce, come il filo di una collana, tutti i racconti.

Caratterizzati dalla consapevolezza che il momento è delicato ma che proprio per questo non c’è niente di più gustoso di una sonora risata nera.

bea buozzi

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