In buona fede



Adam Sternbergh
In buona fede
Piemme
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New York. Futuro prossimo, apocalittico. Il 33enne “Spademan”, figlio di netturbino, ex spazzino lui stesso (per un decennio), ormai senza genitori e vedovo di “Stella” (morta in un attentato nella metropolitana) ora uccide per mestiere, non i minorenni. Gli commissionano la morte della 18enne Grace Chastity, dai riccioli biondi. Verificandone la maggiore età scopre che è incinta: non si può fare. Lei è figlia del ricco bastardo predicatore T. K. Harrow, alto e stagionato, magro e angelico. Siamo al tempo della grande fuga da Manhattan per paura e povertà, ormai c’è la “limnosfera”: ci si può far addormentare, sognare e andare fuori-corpo, in quel vuoto virtuale il computer elabora quasi quel che vuoi; sembra vero e concreto, ci si resta anche per sempre. Chi controlla accessi, eventi nel non-luogo e (eventuali) ritorni ha gran potere, religiosi e criminali compresi. Si farà presto un film con l’esordio letterario del giornalista Adam Sternbergh (“In buona fede”, Piemme 2014, pag. 277 euro 15,50; orig. 2014 “Shovel ready”, trad. Stefano Bortolussi), perlopiù in prima, dialoghi senza virgolette. Non è un granché. Piatti per un dollaro.

Valerio Calzolaio

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