La guerra dei papi – Roberto Ciai e Marco Lazzeri



Roberto Ciai, Marco Lazzeri
La guerra dei papi
Newton Compton
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Roma, 1555. Dopo la morte di papa, Marcello II, scomparso dopo appena ventidue giorni di pontificato, il conclave è alle porte. Ma sono molte le forze che agiscono nell’ombra per aggiudicarsi il soglio pontificio sostenuti dai più influenti principi della cristianità. Il vecchio ma potentissimo cardinale Gian Pietro Carafa, inquisitore del Sant’Uffizio e pilastro della Controriforma, mira al soglio ma, nel timore di non riuscire a farsi eleggere, monta un’ atroce minaccia per ottenere l’aiuto del frate benedettino Brenno Corrino. Il religioso da anni si è auto recluso nell’Abbazia benedettina di Montecassino costringendosi a una vita di durissima penitenza. Ma dietro l’aspetto e la pia personalità di frate Brenno Corrino, un uomo straziato da rimorsi e conflitti interiori, si cela una volontà di ferro accompagnata da una straordinaria abilità ad affrontare gli ostacoli. Corrino è l’uomo che sette anni prima ha coraggiosamente fronteggiato Gian Pietro Carafa nel corso di un efferato processo dell’inquisizione. Ma ora il cardinale inquisitore, servendosi di un barbaro ricatto, conta di piegarlo alle sue voglie. Ma il cardinale Carafa non è l’unico porporato a mirare al soglio. Per esempio c’è il cardinal Morone, sostenuto dagli Asburgici, e Alessandro Farnese, che può contare su altre alleanze, tra cui quella del potente Enrico II, re di Francia. E non ha nessuna intenzione di cedere il passo. In questa torbida atmosfera si concertano una serie di piani criminosi. Il conclave ha inizio il 15 maggio 1555. L’atmosfera tra i cardinali presenti si fa subito agitata : corre voce che l’esercito francese in Italia guidato da Biagio di Monluc e le truppe guidate dal fiorentino Pietro Strozzi, alleato del Sacro Romano Impero, starebbero marciando su Roma per mettere sotto pressione i cardinali e costringerli a votare i loro candidati. Ma la minaccia viene disattesa, Monluc bloccato e Strozzi riceve un’ammonizione da Firenze che calma gli animi. I cardinali del sacro collegio possono finalmente scegliere il nuovo pontefice, senza pressioni esterne. Sarà vero? Certo è che altre subdole manovre sotterranee sono in atto. Anche il cardinale Alessandro Farnese che mira al papato porta avanti arditi piani con i suoi uomini, pronto a buttare sul tavolo le sue carte. Per il Carafa dunque il vero nemico da battere è lui. E Brenno Corrino si troverà catapultato al centro di quello scontro colmo di intrighi e trappole all’ultimo sangue. Costretto con mercé una crudele pressione e l’inganno a scegliere e operare in quello che è diventato lo spietato campo di battaglia capitolino. Un perverso e sanguinario thriller storico,un abisso di morbosa e degenerata malvagità che non fa sconti a nessuno dei protagonisti. Perché allora nessuno era o poteva mai dirsi innocente nei letali giochi di potere per conquistare a ogni costo il soglio pontificio. Quando parlo di storia, ricordo sempre ai miei interlocutori che la storia non è mai stata scritta dai buoni, ma dai vincitori. Ricordiamo i feroci consigli del Machiavelli al principe (in questo caso Cesare Borgia): il principe deve applicare “pene esemplari” per dissuadere i propri sudditi dal contrastare il suo dominio”… ciò non significa, ovviamente, che Machiavelli esorti il principe “a usare sistematicamente la crudeltà e la tirannia, se può evitarlo, ma è altrettanto ovvio che la violenza è uno strumento come un altro per raggiungere i propri scopi, così come il non mantenere i patti o il mentire nei rapporti con altri governi…. E dunque l’uomo di potere ( che si parli di stato o di chiesa aggiungo io) è quasi costretto a fare cose riprovevoli in nome di un interesse superiore… Teniamo quindi sempre presente che spesso quei vincitori furono dei mostri, la vera feccia della terra che non indietreggiò mai davanti alle intenzioni e agli atti più abominevoli pur di perseguire il proprio interesse. Indubbiamente uno tra questi, da alzare a simbolo sull’infernale altare del male, fu Gian Pietro Carafa, salito al soglio pontificio quasi ottantenne con il nome di Paolo IV. Il suo papato vide solo lacrime e sangue per i romani e ogni umana apertura della chiesa, la relegazione degli ebrei nei ghetti, l’assoluta sopraffazione dell’inquisizione su ogni atto e pensiero della gente, e un’incalcolabile serie di ingiustizie. Orrore e raccapriccio accompagnarono le sue tante e ingiustificate esecuzioni per eresia, orrori non certo compensati dalla rivolta del popolo romano che inferocito alla sua morte decapitò immediatamente la statua.

Patrizia Debicke

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