La profezia del libro perduto



Martin Rua
La profezia del libro perduto
Newton Compton
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Già autore della apprezzata “Parthenope Trilogy”, Martin Rua lancia con questo romanzo una nuova saga, che pure dovrebbe essere composta di tre opere.
La vicenda parte dal ritrovamento di un cadavere in un canale della città di Avignone, in Francia, ai giorni nostri. Il corpo, appartenente a Danielle Gassonet, un’agente letteraria, porta segni di torture e mutilazioni. La Gassonet era di origine ebraica e questo fa inizialmente pensare che il delitto possa essere opera di qualche fanatico islamico; ma era anche l’agente di Luc Ravel, uno scrittore che nelle sue opere ha sempre denunciato i progetti golpisti dei gruppi di estrema destra e le connivenze che li coprono. La Gassonet è stata uccisa appena prima che fosse pubblicato un libro molto atteso di Ravel, il romanzo che conclude la sua “trilogia del Solitario”. Ravel è una figura sfuggente: nessuno sa dove sia. Dunque, le indagini si diramano in due direzioni diverse.
A seguire la pista che parte dai rapporti tra la Gassonet e Luc Ravel sono due investigatori della polizia, il commissario Ozouf e l’ispettore Picard, coadiuvati da un’esperta di terrorismo, Khadija Moreau. Ma, quasi subito, Picard e la Moreau, dopo aver sentito l’editor di Ravel, Alexandre Pochet, e il marito della Gassonet, scoprono che, anni prima, Ravel è stato coinvolto in un sospetto incidente, che aveva tutta l’aria di un attentato allo scopo di eliminarlo, in cui sono morte la moglie e la figlia; e che, dopo di questo, ha fatto perdere le sue tracce assumendo, una dietro l’altra, diverse identità fittizie. In questo, è stato aiutato anche da Ozouf, che ha indagato sul sospetto incidente e che, messo davanti alla rivelazione, ammette subito il proprio coinvolgimento.
La situazione si complica per una serie di delitti e attentati compiuti in zona (siamo nella Francia meridionale, l’azione si svolge soprattutto a Marsiglia) da parte di una cellula di terroristi islamici. Un gruppo di estrema destra, naturalmente xenofobo, denominato LNF, sta cavalcando l’onda del terrorismo per arrivare a un colpo di Stato: è lo stesso gruppo di cui Ravel, nei suoi libri, ha denunciato le trame, fornendo anche parecchi indizi sulle sedi e sui membri.
Intanto, l’editor Alexandre Pochet viene rapito e torturato da un gruppo di personaggi dall’aspetto inquietante, i tratti somatici nordici e i metodi di tortura medievali, che la polizia già conosce per altri delitti e ricordano i Berserker, dei feroci guerrieri scandinavi antichi abituati a combattere in uno stato di totale alterazione mentale, forse in seguito alla somministrazione di droghe. I poliziotti pensano che questo gruppo possa essere composto da uomini ammalati di porfiria (una malattia ereditaria del sangue i cui sintomi esplodono in seguito all’esposizione al sole, costringendo chi ne è affetto a restare chiuso in casa di giorno o a uscire completamente coperto) che fanno uso di stupefacenti. Prima del rapimento, però, Pochet fa in tempo a inviare all’ispettore Picard un messaggio in cui spiega alcuni punti oscuri dei libri di Ravel che è convinto di aver decifrato.
A questo punto, entra in scena anche Ravel, che vive nascosto da tempo ma prende contatto con la polizia quando scopre che Pochet è stato rapito. Ravel, discendente di Nostradamus, è capace di cadere in trance e di avere delle visioni che gli mostrano il futuro. In una di queste, ha visto dove è tenuto prigioniero Pochet e cosa sta per accadergli. Purtroppo, nonostante il tempestivo intervento, la polizia non farà in tempo a salvare l’editor.
Gli appunti di Pochet, una visione di Ravel e una singolare rivendicazione di un attentato di matrice islamica a una sinagoga, inducono gli investigatori a spostare il teatro delle indagini a Venezia.
Tutto questo avviene nella prima metà del libro. Il resto è meglio non raccontarlo per non guastare il piacere della lettura a chi volesse affrontarlo.
E’ evidente come “La profezia del libro perduto” sia un romanzo perfettamente su misura per il pubblico che ama le storie nello stile di “Il codice Da Vinci”. L’autore ci mette poi del suo tenendo sempre alta la tensione, alternando le sotto-storie di capitolo in capitolo in modo da farle procedere sempre lungo linee parallele, finché qualche colpo di scena le fa improvvisamente convergere. I capitoli sono sempre brevi e agili, adatti sia a chi ha molto tempo per leggere, sia a chi è costretto a procedere a piccoli salti. Scenografie, descrizioni e figure secondarie, spesso, sono tagliate con l’accetta: ma questa non è una caratteristica di questo unico romanzo, bensì del genere per intero.

Roberto Cocchis

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