Appena ci si addentra nella giungla non si può fare a meno di pensare a Salgari e… dannazione direbbe Janez, a quanti meravigliosi ricordi, ma drammatica ed esaltante resta sempre un’avventura per l’avventura come questa, e in più condita da tanta suspense.
La Tigre dagli occhi di giada, il nuovo libro di Stefano Di Marino, non si fa mancare niente, rivelandosi un felice compendio tra i gloriosi sogni salgariani e le avventurose trame dei più recenti eroi del nostro poliedrico amico e scrittore.
Misteri, patti segreti, tradimenti, odi che si trascinano nei secoli, cupidigia, coraggio, amori proibiti e destini incrociati fanno parte dello straordinario ventaglio che troverete nelle pagine di questo romanzo. Una storia che comincia in un tempo lontano, attraversa i secoli e gli stravolgimenti epocali fino ad arrivare ai nostri giorni. Una storia che sta per essere svelata da un eterogeneo gruppo di cineasti e avventurieri che dovranno affrontare i pericoli di una regione rimasta fuori del tempo.
Un avvio lento e ponderato che ci trasporta al medioevo cinese, un primo salto temporale fino a una Cina del 1938, a Nanchino straziata dall’invasione giapponese, con un mortale duello per ricuperare una pergamena centenaria, un secondo al 2010 su una piattaforma petrolifera nell’isola di Batang, al largo di Sumatra, nel 2010 sotto il mortale attacco di crudeli nemici e finalmente un salto fino ai nostri giorni per un thriller che spazia poderosamente da Milano, Venezia per poi tornare nell’isola di Batang per ricercare nella sua foresta: La tigre dagli occhi di giada, celata nella carcassa di un aereo e vegliata dai cadaveri dell’equipaggio.
Due righe di assaggio: nel 1280 la grande statua d’oro di una tigre con gli occhi di giada, un capolavoro di gioelleria, forgiata per Kublay Khan, Imperatore della Cina, dai monaci guerrieri nei Monti del Cipongo, misterioso clan dei Viandanti, era stata affidata da Marco Polo alla sua guardia del corpo Giacomo Kanum e a Kadema Aitzu, del Clan delle Tigri di Kodama, perché la portassero in dono al pontefice romano. Ma i due non avevano potuto portare a termine la loro segreta e pericolosa missione perché la setta dei Sicari dal Volto di Cenere, nemici dei Polo, li aveva attaccati durante il viaggio uccidendo Kanum, ma Kodama Aitzu era riuscita a fuggire e, prima di morire anche lei, aveva nascosto la Tigre, lasciando però una pergamena con le indicazioni per ritrovarla. La pergamena che Kodama Hiro, su incarico dei discendenti della famiglia di Kodama Aitzu aveva trovato a Nanchino nel 1938, quella stessa pergamena che nel 2010 aveva permesso ai suoi nipoti di ritrovare a Batang la tigre dagli occhi di giada e caricarla sull’aereo che il fatale attacco nemico aveva abbattuto e fatto precipitare nelle impenetrabili foreste di Batang.
Ma quella tigre, quell’antico gioiello, ha un significato simbolico troppo importante per il ricchissimo clan giapponese dei discendenti dei Kodama. Lady Kodama-Sendai, la baronessa Anako-chama, taikun della società e capo clan, ordina che venga ritrovata. Per farlo, non bada a spese, vuole il meglio e finanzia lautamente la spedizione di una Radio televisione italiana, con la sua corte di registi operatori e attori, che si recherà a Batang per girare un documentario che ripercorre l’antico e leggendario cammino della Tigre dagli occhi di giada.
E a guidarla, per suo volere, sarà Marko Kanun, guerriero, mercenario, legato alla tigre anche da un personale patto di amore e di morte (e certi debiti si possono pagare solo con il sangue), che discende dalla famiglia di Giacomo Kanun, guardia del corpo di Marco Polo.
La sua impresa sembra impossibile. Dovrà sfidare sette assassine, vecchi e letali nemici, mentre anche la natura spaventosa e sconosciuta cerca di aggredirlo e distruggerlo. Ma la penna di De Marino vola ad aiutarlo e allora…
Da leggere!
La tigre dagli occhi di Giada
Patrizia Debicke