Laguna nera



Michele Catozzi
Laguna nera
TEA
Compralo su Compralo su Amazon

Ben tornato commissario Nicola Aldani, cinquantadue anni portati così così, ma con moglie bella e intelligente che lo spronerebbe a tenersi lontano dalle culinarie tentazione lagunari e tre figli piccoli che vorrebbe godere di più.
È un fil rouge bagnato di sangue quello che dal lontano 1980 arriva fino a oggi, per coinvolgerlo in un’indagine complessa. Accanto a lui ricalcano il palcoscenico Schinco, ovverosia Claudio Danieli, l’amico d’infanzia diventato giornalista del Gazzettino, il capitano Colucci della Guardia di Finanza, l’insostituibile, anche se prolisso e stressante, ispettore Manin, e Vitiello, il romano trapiantato a Venezia che vuol salvare a ogni costo il timone del Toni, vecchio e mitico motoscafo della sezione Mare, minacciato di disarmo…
La presentazione del ritorno in scena del Commissario Aldani recita minuziosamente:
«10 ottobre 1980. Quella notte, passata alla Storia come «Notte dei cambisti», la banda di Felice Maniero allungava le sue mani rapaci sul gioco d’azzardo in Laguna, sancendo il prevalere della Mala del Brenta sulla criminalità veneta. 30 aprile 1984. Alle 2.43 del mattino il Casinò di Venezia era teatro di una rapina divenuta leggendaria e i «sette uomini d’oro», come furono soprannominati i banditi, si dileguarono con un bottino di oltre due miliardi di lire.
5 novembre 2012. Il pontile del Casinò è teatro di un sanguinoso agguato. La vittima è un assessore, noto per i suoi non sempre limpidi legami con la politica locale.»
Mala del nord est e mafia, un connubio di ferro che allunga i suoi tentacoli da piovra e comincia ad avviluppare Venezia? Ma è sempre Venezia la principale protagonista del secondo caso del commissario Aldani, non la Venezia da cartolina ricordo con il San Marco il sole e le gondole, ma una città diversa, sconosciuta ai più, sulla quale aleggia, mista alla nebbia di novembre, un’ombra di paura e di morte.
All’inizio infatti nebbia fitta sulla laguna, in questo autunno inoltrato e sul perché dell’uccisione di Baldan, steso con un colpo di pistola al ventre e un altro in testa. Baldan è un mezzo mistero. Sembra addirittura senza passato. Proprietario di palazzo rinascimentale, giocatore sfegatato è uomo tronfio, ricco, di gran successo, che ha scalato i gradini della politica e ricopre l’incarico di assessore all’Urbanistica.
La sua uccisione potrebbe essere un regolamento di conti. Si appura che un pericoloso ventaglio di cambisti gravita ancora intorno alla casa da gioco…
Il questore conta su Aldani e lui con la polizia e nella fattispecie la sezione Omicidi che dirige, falciata dagli sconsiderati tagli della Spendig Revue, in difficoltà e sotto organico, deve arrabattarsi facendo alleanza e squadra con la Guardia di Finanza agli ordini del capitano Colucci, contagiato dalla laguna e rimasto di stanza a Venezia.
Il delitto è legato ad altri delitti, che spuntano fuori peggio dei funghi. L’ipotesi mafia diventa sempre più probabile…
I giornali impazzano, ma Schinco per fortuna non infierisce. Nel frattempo le indagini che si infittiscono, imboccando piste più precise e avvicinandosi finalmente alla intricata soluzione del caso, bloccano Aldani nel suo ufficio veneziano. Per sopravvivere e salvarsi gastronomicamente dai rinsecchiti panini del bar interno della questura, non gli resta che affidarsi ai “cicheti” del Bepi e qualche rara volta, alla magia delle gloriose portate del Nani in fondamenta della Misericordia. E dunque, nonostante che la vita privata reclami il suo spazio (moglie e figli lo vedono ben poche volte arrivare a Mestre di sera), bisogna ricominciare a sognare l’altana del suo vecchio appartamento vicino al Ghetto Novissimo, quell’angolo di Venezia che lo aiutava a pensare, «un angolo sottratto all’ombra delle case e dei palazzi, dove il sole non smetteva mai di battere e il vento di soffiare…»

Patrizia Debicke

Potrebbero interessarti anche...