Anco Marzio. L’ultimo sabino. Il quarto re – Franco Forte, Luca di Gianleonardo, Ludmila Gospodinoff,



Franco Forte, Luca di Gianleonardo, Ludmila Gospodinoff,
Anco Marzio. L’ultimo sabino. Il quarto re
Mondadori
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Nome: Ancus Marcius Nascita: 675 a.c. Morte: 616 a.c.
Predecessore: Tullo Ostilio
Successore: Tarquinio Prisco
Regno: 642-617 a.c.
Scrive di Anco Marzio Livio: “Dopo la morte del re Tullio, come era già stato deciso dai padri dall’inizio, essi avevano nominato un successore. Quando si riunirono, il popolo scelse Anco Marzio; come avevano designato i padri.
Anco Marzio era nipote del re Numa Pompilio, nato dalla figlia. Memore dell’avidità della gloria, poiché il regno di Tullo, buono per gli altri, era stato da una parte prospero, però carente o mal rispettoso della religione, si facevano da quel tempo tantissime manifestazioni pubbliche a sfondo sacro istituite da Numa, che propose di raccoglierle su di un libricino da esporre in pubblico.”

Nel 642 a.c. Anco Marzio, o Anco Marcio, o (in latino)  Ancus Marcius, o Ancus Martius, fu il quarto re di Roma, l’ultimo di origine di nobile stirpe, si narra appartenesse all’antica gens Marcia.
Dunque neanche Anco era romano (Livio 1 – 34 – 6)  ma pare che Numa Pompilio il leggendario secondo re di Roma  fosse suo nonno, tanto che Anco Marzio e Numa Pompilio, furono rappresentati insieme sulle facce dei denari fatti coniare dalla gens  Marcia.
Anco dunque sarebbe figlio di Pompilia di Numa Pompilio, unica superstite della sua schiatta, mentre suo padre, Numa Marzio il prefetto urbano e quindi una delle figure più vicine al re,  sembra fosse invece un esponente della gens Marcia .
Anco,  a differenza del suo predecessore l’ “ateo” e  insofferente, Tullo Ostilio, rispettò sempre e puntualmente il rigore e la sacralità dei  riti dedicati agli Dei dell’Olimpo. 
Mi pare molto azzeccata la scelta fatta finora da Franco Forte &company per i suoi sette re di Roma di incrociare storia e vita dei vari  sovrani che si successero, perché oltre a riportare il lettore al centro della vicenda storica legata al precedente romanzo, vivacizza la narrazione, amalgama intenti, idee, fornisce spiegazione e plausibili  interpretazioni  di quanto sui libri di storia appare invece come  un semplice e magari un po’ soporifero susseguirsi di fatti e date.
Dunque ora torniamo  ad Anco Marzio, il nostro attuale protagonista.  L’abbiamo lasciato alla fine del precedente romanzo già adulto, testimone e… della morte di  Tullo Ostilio, incenerito, in cima al colle,  durante la sua mortale sfida con Giove. E invece nel primo capitolo  di L’ultimo sabino, il quarto re, con un balzo indietro nel tempo veniamo accolti da Anco appena adolescente solo desideroso di farsi conoscere e apprezzare dal suo sovrano guerriero e deciso a compiere un’epica e coraggiosa impresa  in combutta con il suo migliore amico, Elio Camilio detto Corvo.
Anco è l’unico figlio sopravvissuto di una delle famiglie sabine più in vista di Roma ma questo non sarà mai stato abbastanza per metterlo al riparo dalla violenza domestica in  famiglia, la sua, quella formata da Numa Marzio e Pompilia. Sua madre  ha avuto diversi aborti  e l’altro amatissimo fratello minore di Anco, Tito è inspiegabilmente morto annegato. A casa loro purtroppo e  da sempre, soprattutto in privato, aleggia la violenza e una costante iniqua prevaricazione del pater familias su familiari e domestici. Invidia, irrefrenabile gelosia, folle paura? Certo è  che alcune leggende, antiche profezie  fiorite sui discendenti di Numa Pompilio avrebbero scatenato, pare, quegli insani e  crudeli comportamenti di Numa Marzio.
Un’infanzia quindi dura e  non facile che lo  condannerà per di più a essere preda  dal tradimento di colui che riteneva l’amico più caro,  vero, sincero: Elio Camilio detto Corvo e lo marchierà a vita. Un ignobile, vigliacco tradimento, che Anco non può e non potrà mai  perdonare e  lo segnerà per sempre, trasformandolo dal ragazzo aperto, fiducioso in un uomo chiuso, gelido.
La sua vivida  intelligenza gli insegnerà a districarsi, a porre a frutto ogni malizia: come riconoscere tra coloro che lo circondano i pochissimi di cui fidarsi ma anche a mascherare sempre e ovunque i propri pensieri e sentimenti. Non tutti possono mostrare agli altri il loro doppio volto. E come era raffigurato nel medaglione, ora suo ma appartenuto un tempo a Numa Pompilio, saprà celare la sua vera personalità, fondendosi nei due profili che guardavano severi in direzioni opposte. Janus e Janua. Anco ed Egeria.
Astuto e abile Anco, imparerà come prevedere le mosse degli avversari, ingolosirli ingannandoli e avvalersi della  loro  debolezza.
E visto che a suo modo  ha ereditato la saggezza, la religiosità del nonno Numa, capacità che saprà utilizzare alla sua maniera. Gli ripugna l’eccesso di certi privilegiati atteggiamenti di Tullo Ostilio,  cerca di intralciare la sua ostinata e blasfema opposizione agli dei, la sua follia che attira la loro furia sull’Urbe. Per contrastarlo sarà capace persino di escogitare diabolici inganni. Ma alla fine sa  che esiste una sola via per poter salvare Roma: conquistare il potere. E per farlo, Anco è disposto a ricorrere a ogni espediente, persino all’inganno in nome degli dei.
Perché solo agendo così,  sarà acclamato re, portando a compimento quella che era stata  l’antica profezia. E saprà regnare. Tra le sue mani infatti  Roma diventerà una potenza economica e militare, l’oggetto del desiderio di nemici sempre più pericolosi. Si sposerà molto tardi, prendendo in moglie, un ex vestale, una donna non pi giovane, la sorella del suo amico nemico Corvo, che le darà subito  un primo figlio, Tito.
Infine  facendo suo il detto  se vuoi la pace prepara la guerra, continuerà a indossare  l’armatura e affrontare tante  battaglie  La tradizione gli  attribuisce la conquista di molte città latine intorno a Roma (Politorio, Tellene, Ficana, Medullia, ecc.), delle quali avrebbe poi  trasportato a Roma gli abitanti, collocandoli sull’Aventino o sul Celio, e dando così origine alla plebe romana, della quale era considerato il protettore. La tradizione più recente ricorda  anche di sue guerre con i Sabini, i Volsci e i Veienti.
Ma il suo nome è soprattutto  legato all’estensione del dominio romano sino alle foci del Tevere e la fondazione della colonia marittima di Ostia. Furono  ritenute sua opera  sia  le fortificazioni del Gianicolo che  il ponte di legno Sublicius sul Tevere, il carcere pubblico ai piedi del Campidoglio e le fossae Quiritium a protezione del territorio romano. Tra le sue mani’Urbe divenne una potenza economica e militare, il mirabolante oggetto di desiderio di nemici sempre più pericolosi..
Negli anni del suo regno tuttavia Anco Marzio  favorì scambi e commerci, accolse senza preconcetti tanti stranieri, strinse costruttivi rapporti anche con gli etruschi e creò i presupposti per la futura grandezza di Roma.
Negli ultimi anni di vita, la moglie era morta e  i suoi figli naturali, Tito e Agrippa, ancora dei bambini,  accettando un compromesso/ricatto si fece parzialmente affiancare nel governo della città da Luchmon il mercante di Tarquinia figlio di un greco e  di una etrusca,  colui che poi divenne il suo successore adottando il nome Lucio Tarquinio Prisco .
Come suo nonno Numa Pompilio, Anco Marzio morì  nel suo letto, di morte naturale dopo venticinque anni di regno.

Patrizia Debicke

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