Un’intrigante prospettiva, quella offerta da Arianna Destito Maffeo, della breve tragica ed esplosiva vita/non vita di Bonnie Elisabeth Parker…
Un brevissima vita inserita nella cornice storica dell’America del Proibizionismo, della Grande Depressione, dell’era del jazz con un vivace quadro ambientale pieno di particolari e occasioni per approfondire il contesto sociale dell’epoca.
Bonnie Elizabeth Parker nacque nel 1910 e perse suo padre, un muratore, quando aveva solo quattro anni.
Dopo la morte del marito, sua madre, costretta a lavorare per portare avanti la famiglia, si trasferì con la mamma e i figli, Bonnie era la seconda di tre , a Cement City, sobborgo di Dallas. A sedici anni a scuola Bonnie conobbe Roy Thornton con il quale decise di sposarsi con il consenso della madre . Dovette anche lasciare gli studi , dando un dispiacere all’insegnante perché aveva dimostrato grande passione per la letteratura e la poesia. Una passione che in seguito sarebbe entrata a far parte della sua leggenda.
Ma la sua nuova vita di moglie, da sola con il marito, non era felice. Tanto che gli sposi tornarono a vivere nella casa materna di lei, ma ben presto il loro pseudo idillio fini e Roy cominciò a trascurarla ad allontanarsi da Dallas per settimane senza dare spiegazioni e infine a farsi vedere sempre meno dalla giovanissima moglie.
Bionda, graziosa, vivace, scherzosa e desiderosa di imparare , Bonnie pur gentile e educata si dimostrava impaziente e ribelle. Avrebbe avuto grandi sogni ma, in quello squallido orizzonte provinciale, ben poche possibilità di realizzarli. Si immaginava attrice o scrittrice, avrebbe voluto dare una positiva svolta alla sua esistenza ma a fatica era riuscita a trovare un lavoro dignitoso come cameriera in un caffè . Ma la grande depressione del ’29 le toglierà anche quella possibilità. Senza più un impiego e stipendio fisso si ridurrà ad accettare di volta in volta lavoretti malpagati e senza domani.
Bonnie conobbe nel 1930 Clyde Barrow, un giovane ben vestito, attraente e spregiudicato in casa di una comune amica. Bonnie e Clyde erano entrambi nati in Texas. E nemmeno la vita di Clyde Chestnut Barrow aveva mai avuto un percorso roseo: i debiti asfissiavano la sua famiglia e Clyde, a 17 anni, aveva cominciato a rubacchiare per mangiare. Con il fratello maggiore, Marvin Ivan, detto “Buck”, passarono presto dagli animali da cortile polli e tacchini, alle macchine per poi arrivare ai furti e alle rapine. A soli 21 anni, dopo diversi arresti, era già stato in prigione due volte.
Clyde aveva un anno più di Bonnie. Tra loro fu amore a prima vista, come si disse. Lei era sposata, ma viveva separata dal marito Roy che da tempo non si faceva vedere e non fu mai un problema. E neppure scoprire che Clyde era un bandito indurrà mai Bonnie a dimenticarlo. Anzi nonostante il loro “inquietante” non rapporto fisico nacque tra loro quell’ esplosiva “follia a due” quell’amore malato, che in breve tempo li porterà a diventare i criminali più ricercati d’America. E per lei non fu un problema nemmeno che Clyde fosse zoppo, visto che si era fatto tagliare due dita di un piede per non doversi recare in una campo di lavori forzati e uscire di prigione poco prima di conoscere Bonnie.
E, scegliendo la strada del crimine, interpretarono, coreograficamente e a modo loro il Sogno Americano, l’ambizione di conquistare gloria e ricchezza nonostante le origini che li vedevano condannati alla miseria.
Clyde chiamava Bonnie “bambina dagli occhi blu” e pare che per lei, a un certo punto fosse persino disposto a cambiare vita. Bonnie, che fin da bambina odiava le armi e non voleva neppure toccarle, per Clyde si convertì e imparò a sparare.
La loro tragica fuga cominciò nell’aprile del 1932, quando Clyde fu accusato di omicidio e benché si dichiarasse innocente, ufficialmente incriminato, trovandosi di fronte alla scelta del carcere a vita o della fuga optò per la seconda. All’inizio si mossero rapidamente rubando macchine con le quali aggredivano pompe di benzina e negozi ma, quando passarono a obiettivi più appaganti, quali gioiellerie e banche, arrivarono a sparare qualche colpo di troppo. Uno di questi ferì a morte un certo sceriffo Moore. Era ormai decollata l’epopea criminale della coppia, inutile elencare la serie di rapine e omicidi commessi da Bonnie e Clyde, ormai alla testa di una banda e diventati per la gente semplice, un simbolo di resistenza alla prevaricazione del denaro e al potere, che provocò una delle maggiori caccie all’uomo della storia americana con il Federal Bureau of Investigation schierato in prima fila.
Ormai erano condannati, stavano avviandosi dritti alla fine. E al tradimento che portò alla loro inevitabile capitolazione. Un tradimento di un complice. Quello di Henry Methvin che Clyde aveva aiutato a fuggire di prigione, ma che in cambio del perdono per i delitti commessi, aveva scelto di collaborare con l’FBI. Fu lui a spiegare il sistema che aveva permesso alla coppia e alla banda di non cadere mai in trappola. Come prima cosa nel corso di ogni attacco, sparavano ed era proprio questo a far sì che la situazione volgesse subito a loro favore. Quindi facevano affidamento sulla rapidità. Una automobile molto veloce poi costituiva l’altro elemento chiave della loro tattica.
E fu per il tradimento di Henry Methvin che, dopo anni di latitanza, i Romeo e Giulietta della Grande Depressione, ovverosia Bonnie e Clyde, furono uccisi il 23 maggio 1934 , nella parrocchia di Bienville, in un’imboscata della polizia su un’autostrada nel nord della Louisiana, proprio in direzione della fattoria Methvin. Imboscata nella quale furono esplosi 160 colpi di fucile, di cui una ventina trafissero il corpo di Bonnie e il doppio circa quello di Clyde…
Clyde per decisione della sua famiglia ebbe un funerale privato. Bonnie invece per volere della madre ebbe un funerale degno di una stella del cinema, l’ultimo tocco per una vita che si era conclusa com’era iniziata: con le armi in pugno.
Come recitarono i mezzi di comunicazione dell’epoca: “non c’è altro da dire, è finita, la giustizia e l’ordine hanno fatto il loro lavoro”.
La loro morte tuttavia non rappresentò la fine della loro storia, ma solo l’inizio di una leggenda resa popolare da canzoni e celebre da grandi film quali quello di Arthur Penn del 1967.
Ma chi era in realtà Bonnie Parker? Arianna Destito Maffeo per narrare la sua storia si serve di due voci la sua, quella della tragica protagonista, la biondina con la pistola e quella di Emma, sua madre. Una doppia cronaca che consente ai lettori di scavare più a fondo nel personaggio Bonnie e provare a interpretare quella che fu veramente la relazione tra figlia e madre. Due punti di vista quindi , quello di una figlia affettuosa, ma sempre bugiarda con la sua famiglia, ribelle e irresponsabile e che aveva scelto coscientemente di compiere atti criminali e quello di una madre che non poteva, non riusciva a dimenticare, a non amare sua figlia e a cercare sempre e comunque di aiutarla ma si sentiva ferita, angosciata e forse impotente ad affrontare tutto ciò che lei era diventata.
Bonnie Parker – Arianna Destito Maffeo
Patrizia Debicke