Stavolta Giulio Leoni, in vena di stupirci riporta in scena in contemporanea Dante Alighieri, il suo primo eccellente e celebre protagonista, investigatore del medioevo e il brillante tenente Cesare Marni, protagonista invece delle sue più recenti storie, tinte di spirito futurista e dannunziano.
Insomma quasi due romanzi in uno con due avventurose, fiabesche ed entusiasmanti trame che sembra si alternino addirittura, inseguendosi parallele nel tempo fino ad arrivare a intersecarsi e allacciarsi, benché separate da più di sei secoli, quando la storia collegata alla prima trama finirà con diventare la spinta, l’ideale ma occulta motivazione e causa incidentale della seconda.
Pisa, 1313. Mentre nel duomo di Pisa, ammantato solennemente a lutto, da ore prosegue senza interruzione l’afflusso del popolo per rendere l’ultimo terreno omaggio alle spoglie del trentottenne imperatore, morto tra atroci sofferenze a Buoconvento (di antrace, come si sa oggi), pochi giorni prima, Dante Alighieri, addossato a uno dei marmorei pilastri della crociera riflette, soffrendo impotente.
Colui che l’intero mondo chiamerà nei secoli a venire il Divino Poeta, è ben conscio che, con la morte di Arrigo VII, la causa ghibellina è da considerare sconfitta perché senza di lui, unico vero faro, si è spenta la luce di speranza tesa a immaginare un possibile futuro di unità per l’Italia e di pace. Con la morte dell’imperatore, Dante dovrà, oltre ai sogni di conquista, dimenticare anche la possibilità di rientrare finalmente a Firenze da vincitore. Ormai con la soglia dei cinquant’anni che si avvicina pericolosamente, mentre la gioventù si allontana, sa che quella morte è la fine di un sogno e forse non rivedrà mai più la sua città.
Eppure in quei cupi momenti di tristezza, densi di sconforto, con le esequie che si protraggono, tre giorni dopo mentre Dante vaga per la città senza meta, il fortuito incontro con un mercante gli porterà una suggestione, forse un nuovo traguardo e la frase. “ Pare che l’imperatore o chi per lui sia tornato nel Meridione dal mondo dei morti” , lo spingerà a tentare un lungo estremo viaggio nelle Puglie, nella zona di Lucera, dove un biondo e nordico cavaliere che pare possa essere tra i discendenti del grande Federico II, resiste agli attacchi degli Angiò con i battaglioni di mercenari islamici fedeli all’imperatore. A detta del mercante, che si rivelerà un Fedele d’Amore, un compagno d’onore dal passato ghibellino, il nordico cavaliere che ha trovato rifugio nella fortezza sveva di Lucera gli avrebbe affidato un prezioso anello da consegnare a Dante Alighieri in persona, con l’invito a raggiungerlo alla sua corte per trasmettergli importanti volontà.
Solo, senza più nessuna battaglia da combattere e ormai con nulla da perdere, lasciando a Pisa tutte le preziose copie delle sue opere e, portando con sé appena il manoscritto incompiuto, Dante deciderà di affrontare il lungo e rischioso viaggio fingendosi un pellegrino diretto in Terrasanta. Un viaggio che lo costringerà a far fronte a pericoli, fame, sete, malattie e perfino ad andare per mare superando spaventose tempeste ma gli permetterà di incontrare e conoscere un misterioso giovane pellegrino di origini germaniche che si rivelerà poi una ragazza in vesti maschili. Un viaggiare su vie impervie, per la strada degli Appennini, superando monti e colline, evitando miracolosamente pericoli, per raggiungere infine Lucera e colui che l’ha chiamato. Un viaggio anche di conoscenza e apprendimento che, consentendogli di avvicinare certe profondità intrise di cultura musulmana, lo spingerà a una profonda riflessione sul suo passato. C’è o c’è stato un fantasma sul suo cammino? E poi cosa e chi è veramente da condannare? Forse esisterà sempre una via di riscatto e ogni cosa potrebbe essere in grado di diventare diversa da ciò che sembra?
Lucera, 1936. Passata l’euforia dell’avventura futurista e dannunziana della repubblica fiumana, impresa dalla quale per il rotto della cuffia è riuscito indenne dal processo e dalla condanna per diserzione, successivamente cancellati dall’amnistia, il tenente Marni è ritornato alla vita civile.
Dopo aver terminato gli studi interrotti durante la guerra, aveva sperato di riuscire a mettere in pratica gli studi per le sue innovative costruzioni, ma invano. Finora la sua opera di maggior successo era stata una pompa di benzina alla Storta e, nonostante si fosse freneticamente offerto per ogni possibile incarico, continuava a provare con fatica di decollare a Roma come architetto. Certo canti di suasive sirene lo stavano spingendo a lasciare l’Italia, a emigrare e a mettere all’opera in stati più aperti ed evoluti le sue non poche capacità anche di esperto restauratore, ciò nondimeno finora aveva resistito, stringendo la cinghia. Ma l’inatteso arrivo di un telegramma della Soprintendenza con l’incarico di andare ad avviare il restauro di una piccola chiesa medievale nelle Puglie, a Lucera, intanto era un incarico acquisito, forse importante e un gradito lavoro, in un periodo di difficoltà.
Marni va e incomincia gli scavi, il sito si dimostra interessante, potrebbe portare alla luce tesori imprevisti, ma nel frattempo viene anche reclutato al Ministero degli Esteri per fare da guida o meglio tenere sotto controllo, una strana missione archeologica tedesca. Missione che, arrivata a Lucera su incarico nientemeno di Himmler, il delfino di Hitler, avrebbe il compito, non dichiarato, sia di scoprire la tomba di un antico cavaliere templare che di trovare le conferme di un importante legame storico… La faccenda si rivelerà ben presto troppo difficile da gestire e molto pericolosa, coinvolgendo l’architetto Marni in un complesso intrigo internazionale, imbastito da misteriosi studiosi tedeschi senza scrupoli, in veste di doppiogiochisti e da agenti dei servizi segreti di altri paesi.
Ben presto a Lucera infatti sotto traccia, divampa una sottile guerra clandestina. Poi, se non bastasse, per raggiungere i loro fini, i tedeschi sarebbero già pronti ad attaccare, alla bruta e senza esclusione di colpi, perché in quel luogo potrebbero essere sepolti dei segreti che il Reich, la nuova entità al potere in Germania, considera essenziali per la sua futura gloria. E udite, udite, uno in particolare, imprevedibile e inimmaginabile dovrebbe essere addirittura legato al grande Dante, al padre della letteratura italiana: Dante Alighieri…
Giulio Leoni, romano, è uno degli scrittori italiani di gialli storici e di narrativa del mistero più conosciuti all’estero, grazie anche alla serie di romanzi dedicati alle avventure di Dante Alighieri, tradotta in tutti i maggiori Paesi del mondo. Ma oltre a riguardare il remoto passato, i suoi interessi vanno anche verso la storia del secolo appena trascorso, soprattutto nei suoi aspetti meno conosciuti e controversi. Elementi che trasporta spesso nei suoi romanzi, dove anche le trame più sorprendenti si sviluppano su uno sfondo storico ricostruito con precisione, e in cui personaggi reali e finzione narrativa s’intrecciano, dando vita a un teatro delle ombre enigmatico e affascinante.