MILANONERA a POLITICAMENTE SCORRETTO (parte seconda)

Sabato 29 Novembre. Casalecchio di Reno. Trasferta di MilanoNera al Festival Politicamente Scorretto, organizzato dal Casalecchio delle Culture – l’Istituzione dei Servizi Culturali comunali – in collaborazione con lo scrittore Carlo Lucarelli.
Per il quarto anno consecutivo e per un’intera settimana dibattiti, testimonianze, proiezioni e laboratori “per non dimenticare i tanti misteri che hanno segnato il nostro Paese e per non abbandonare chi tutti i giorni lotta per avere giustizia, a partire dalle vittime di mafia”.

I misteri e misfatti nella politica dei partiti sono al centro del dibattito “Quando la casta si tinge di giallo”, coordinato da Carlo Lucarelli. A discutere di quello che l’organizzatore di Politicamente scorretto ha definito “il cuore del festival”: i giornalisti Gianni Barbacetto, Sergio Rizzo e Vincenzo Vasile, il direttore de L’Europeo Daniele Protti e gli scrittori Giancarlo de Cataldo e Patrick Fogli. «Nel nostro Paese, succedono cose strane, come il fatto che, spesso, tocca agli gli scrittori raccontare le scorrettezze della politica». Da questo presupposto parte Lucarelli, puntando il dito sulla metà oscura e criminale della politica.
Il problema più sconvolgente in Italia è che il lato criminale della politica è del tutto legale. «Tutto quello che insieme a Gian Antonio Stella abbiamo raccontato ne La Casta (Rizzoli), è il frutto di leggi. Un esempio per tutti è il proliferare delle Comunità montane nei luoghi più disparati, come quella adagiata nella campagna di Taranto» afferma Sergio Rizzo. «Ma il problema più grave di una certa politica ingorda e autoreferenziale, divenuta casta è che nessuno si è posto il problema di risolvere questa situazione». Non c’è stata nessuna proposta di legge, proveniente da destra o da sinistra, per risolvere questa situazione e questi atti criminosi non sono neanche definiti reati nel nostro codice. «Ed è proprio questo il dato sconcertante», aggiunge Giancarlo De Cataldo, giudice e autore di Romanzo Criminale (Einaudi). «Un giorno, un economista del Fondo Monetario Internazionale, a proposito delle leggi italiane, con tono canzonatorio mi disse,: “Voi Italiani le pensate proprio tutte”». In Italia è difficile imporre regole perché è facilissimo raggirarle. «E’ come se esistesse un anticodice che permetta il raggiro delle leggi, basti pensare al condono. Ma il problema a mio parere è molto meno di casta e molto più nostro, per questo sono pessimista riguardo l’esistente e parzialmente determinista verso le generazioni prossime future». «Nel nostro Paese c’è un ritardo pazzesco nel ricercare il marcio nella politica», dibatte Vincenzo Vasile «io me ne sono accorto tanti anni fa quando, passando vicino a Portelle della Ginestra (località della provincia di Palermo dove, il 1 maggio 1949, furono raggiunte da colpi di mitra, sparati dagli uomini del bandito Giuliano, 2000 persone, di cui ne morirono 11, tra cui 2 bambini, n.d.r.), ho trovato gli atti del processo per la strage su una bancarella. Lo stesso Giuliano, in una lettera ai giornali, insisteva sullo scopo politico della strage, ma i giudici smentirono clamorosamente quest’affermazione, invitando a non indagare su quella che era semplicemente una festa di paese» e non una manifestazione contro il latifondismo, a favore dell’occupazione delle terre incolte, e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana. La casta politica italiana si è unita ad altre caste (criminali, giudiziarie) e non solo: si è tinta più volte di giallo, ma anche di rosso, rosso sangue. «Perché non bisogna dimenticare che il delitto e la strage sono stati uno strumento politico nel nostro Paese per molti anni». Gianni Barbacetto, insiste sulla compresenza di tre sistemi criminali: un sistema di corruzione, uno di eversione, che è quello dello Stato, e il sistema mafioso ammanettato con la politica. «Questi tre sistemi sono integrati tra loro e fanno network, per cui si arriva alla situazione in cui la politica che sa mente, intorbida le acque (come ha fatto Francesco Cossiga) e fa battutine (è il caso di Giulio Andreotti). L’unica soluzione possibile sarebbe l’autoriforma, come è accaduto in SudAfrica, dove è stata istituita una Commissione per la verità e la conciliazione».

«La nostra Costituzione afferma che il popolo è sovrano, io aggiungerei l’aggettivo complice», afferma Daniele Protti, direttore de L’Europeo. «Siamo un Paese in cui la memoria è un optional, ricordare per la politica è scomodo e dimenticare è uno sport in cui gli italiani eccellono». Il compito dello scrittore, dunque, è quello di fare un’operazione di memoria, il romanzo serve a colmare questo vuoto. Come ha fatto Patrick Fogli nel suo romanzo “Il tempo infranto” (Piemme). «Nel mio libro sono partito da una cronologia, c’erano i nomi e mi son chiesto che destino avrebbe avuto il mio libro se avessi scritto quei nomi. Allora ho raccontato di un tizio, iscritto a ordine Nuovo, che viene arruolato nei Servizi segreti e accusato poi della strage di Piazza Fontana. Che nella metà degli anni settanta va in Oriente e ottiene la cittadinanza. Non ci vuole molto a capire chi sia il personaggio. Mi son limitato a inserire quel tanto di deviazione che dava la possibilità di dire che non è lui, ma che al contempo, permettesse a tutti di riconoscere la storia. Ho deciso di lasciare aperta una finestra, non la porta. La cosa più strana?- conclude- Dell’unico personaggio, un onorevole, che non è riferito a nessuno di reale, tutti mi hanno chiesto chi fosse”.

francesca colletti

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