O.P.G. Ospedale Psichiatrico Giudiziale, ovvero manicomio criminale. Castiglione delle Stiviere.
Un uomo si sveglia da un sonno artificiale, indotto da potenti farmaci, e si ritrova legato al letto con delle cinghie di cuoio. Capisce di essere in un O.P.G. e non è la prima volta. La sua identità è incerta, dovrebbe essere Davide Villari, così dicono i giornali. E’ forse il nome vero di Dax? Questo si chiedono Domenico e Giulia, che vogliono scoprire la vera identità del recluso, per sapere se è il loro amico, colui che un paio di anni prima li ha aiutati a chiudere con la loro vecchia vita. Domenico è un pregiudicato, in attesa di giudizio, Giulia una ex prostituta che non ha voglia di riaprire i conti con un passato con il quale crede di aver chiuso, per entrare in una vita normale e soprattutto legale. Ma il debito di riconoscenza che nutrono nei confronti di Dax li spinge a cercare in tutti i modi di mettersi in contatto con il recluso, per poterlo aiutare.
Nella pancia del mostro è un romanzo particolare in cui si alternano le vicende di Giulia e Domenico con le descrizioni della vita all’interno dell’O.P.G. Può lasciare interdetti, in quanto non c’è una spiegazione del perché Davide Villari sia stato rinchiuso, o di come abbia aiutato Giulia e Domenico a ricostruirsi una nuova vita. La vicenda fa semplicemente da sfondo a quello che l’autore vuole portare alla luce, ovvero la completa perdita di dignità delle persone che vengono rinchiuse nei manicomi criminali. Uomini e donne vivono reclusi, vengono legati con le cinghie di contenzione o messi in isolamento anche solo per aver bevuto un caffè di troppo. Nel microcosmo del manicomio fioriscono commerci illegali di sigarette e caffè, unici beni di conforto per poter affrontare una quotidianità altrimenti insopportabile, nascono relazioni che non si possono definire delle vere e proprie amicizie, ma sono solo delle conoscenze con cui passare le giornate e scambiare due parole in un ambiente che porta a disumanizzare le persone. Non ci sono le guardie carcerarie in questo O.P.G. di Castiglion delle Stiviere, ma solo degli operatori socio-sanitari che disprezzano i reclusi, che considerano privi di credibilità e di dignità, trattandoli di fatto come se non valessero nulla.
Nella pancia del mostro non c’è una vittima, non c’è un colpevole, come spiega lo stesso autore nella nota introduttiva, è semplicemente un racconto lineare “senza filtri di alcun tipo, senza vittimismi, senza giustificazioni di sorta per carcerati e carcerieri, ugualmente colpevoli, ugualmente forse vittime”.