Stato di fermo



John Wainwright
Stato di fermo
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Una notte in una stazione di polizia inglese. Nell’ultimo semestre in comuni della zona sono state violentate e uccise tre bimbe, due di sette, una di otto anni. La polizia ha verificato che più o meno da quelle parti c’era sempre George Barker, la terza vittima l’ha addirittura “trovata” lui vicino casa, ha rilasciato deposizioni incongruenti, quella sera lo chiamano per interrogarlo di nuovo e farlo finalmente confessare. Il baffuto sospettato ha 45 anni, è un “colletto bianco”, funzionario al dipartimento del Tesoro, abitudinario e banale, vestiti fatti in serie, inquieto e sottomesso. Sposato con Edwina non la sopporta proprio e il freddo odio è reciproco. Non ci sarebbero ancora prove sufficienti all’incriminazione. Prima gli rivolgono domande, dopo meno di un’ora lo mettono in stato di fermo con l’accusa di omicidio, rifiuta di chiamare un avvocato, le domande continuano. A farle è lo smilzo ispettore investigativo Lyle, occhi blu dietro gli occhiali, un metro e ottanta, ottimo giocatore di scacchi e bridge, gran lettore (non di fiction), appassionato di Haydn e Mozart, a 2 anni dalla pensione dopo intensi 23 in polizia, calcolator cortese, artista dell’interrogatorio.

John Wainwright (Leeds 1921-1995) ha scritto eccelsi romanzi perlopiù polizieschi, questo del 1980 è uno dei migliori, portato sullo schermo da Miller in Francia (1981) con Michel Serrault e Lino Ventura, da Hopkins negli Usa (2000) con Gene Hackman, Morgan Freeman e Monica Bellucci. L’autore lasciò la scuola a 15 anni, fu artigliere sui bombardieri (1940-45) per poi arruolarsi in polizia (dopo la guerra, 1947-69), laurearsi in legge nel 1956 e cominciare a scrivere (amava Chandler, McBain Fleming): tre libri (gialli) l’anno tra il 1966 e il 1984, racconti, drammi radio, editoriali giornalistici, saggi e memorie. È ancora poco noto nelle librerie italiane, nonostante la traduzione di una ventina di titoli nel Giallo Mondadori. La prima edizione di questo noir era stata intitolata come l’azzeccato originale inglese, Brainwash, “Lavaggio del cervello” (1981). La scelta di ripresentarlo è positiva e coraggiosa. Violenza esplicita appare solo in una scena con il primo sergente verbalizzatore, il testo è intriso di dominazione nei rapporti di coppia. L’interrogatorio allaccia personalità opposte, non serve intimidire o pestare, occorre mettere all’angolo e condurre a non ritrattare.

 

v.c.

 

Valerio Calzolaio

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