Rapina a mano armata



lionel white
Rapina a mano armata
sonzogno
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Rapina a mano armata è un perfetto esempio di romanzo noir dal sapore retrò, ma attuale nel suo proporre un’immagine senza tempo dell’umanità.

Lo scrittore Lionel White, autore di questo e di altri romanzi del medesimo genere che hanno ispirato numerosi film, lascia come eredità un libro dal ritmo veloce ma elegante, che richiama alla mente i film in bianco e nero degli anni ’40-50.

La vicenda parte da Johnny Clay che, appena uscito di prigione, coinvolge “brave persone” senza precedenti penali ma con un gran bisogno di denaro, nella rapina del secolo: svaligiare l’ippodromo di Long Island proprio il giorno del Gran Premio.

Tutto sembra andare per il verso giusto finché la moglie di uno della banda, la bellissima e avida Sherry, non viene a conoscenza del progetto e non coinvolge altri personaggi estranei alla faccenda creando un intreccio ben costruito e credibile.

Lo stile asciutto ed essenziale dello scrittore rende agevole la lettura di questo romanzo e si accompagna ad una forma mentis ordinata e intelligente.

La struttura della narrazione, per il rigore con cui viene impostata e proposta al lettore, non solo rende semplice l’immedesimazione nei personaggi (descritti nei minimi dettagli e caratteristiche sia fisiche che “fiscali” sin dall’incipit del libro), ma riporta alla mente la sequenza in capitoli della trasposizione filmica di “Romanzo Criminale”, che offre la vaga impressione di non trovarsi di fronte ad un comune romanzo, bensì dinanzi a un accurato fascicolo della polizia con tanto di foto dei colpevoli del misfatto.

A questa eccellente organizzazione, va aggiunto il tocco di classe di White che, volente o nolente, ha delineato con inchiostro e carta quello che sono gli anni ‘40 nell’immaginario collettivo; giorni fumosi, dal vago sentore di whisky e tabacco, con quell’atmosfera sensuale e felpata dei Bonnie e Clayde cantati da Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot nel 1968; ripropone dunque lo scenario tipico delle gangster story durante le quali qualunque personalità, persino il debole della banda Peatty, si veste di chiaro-scuri fumettistici.

Su questo sfondo così accattivante prendono vita figure umane che assumono contorni quasi dostoevskiani ,per quel loro essere fondamentalmente delle “brave persone” che giustificano un reato con motivazioni che vanno al di là dello stesso; infatti, i componenti della banda sono degli outsider, fuori dalla “società bene” che chiude loro le porte, e si ritrovano a cercare la soluzione alla loro precarietà nel denaro e a giustificare la rapina con questo bisogno di una svolta delle loro esistenze.

Il risultato di questa fusione tra un accenno di stile “comics”, l’azione, le gangster story e Dostoevskij, è un romanzo interessante e che a giusta ragione ha dato spunto a Kubrik per trarne un film del 1956.

E’ il ritratto di un’umanità che in fondo “non è cattiva, è che la disegnano così…”.

angelica scardigno

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