Il bisogno e la necessità di avere validi scrittori in Italia continua a farsi sentire. Gianni Biondillo è uno di quelli a cui i lettori italiani devono molto, perchè grazie ai suoi romanzi il talentuoso autore si conferma essere uno tra i pochissimi per cui si può, senza alcun dubbio affermare, che in Italia i grandi scrittori esistono davvero.
Biondillo scrive libri che entrano nel cuore di chi legge, attraverso un’opera narrativa in cui si muovono personaggi che appartengono a una realtà quanto mai tangibile e inequivocabilmente riscontrabile. Dando vita al personaggio dell’ispettore Ferraro, Gianni Biondillo, tra i vari meriti ha anche quello d’avere la straordinaria capacità di riuscire a descrivere con ironia, introspezione e analisi ciò che fa del degrado periferico una grande città all’interno della metropoli.
Il giovane sbirro si presenta come un prequel che racconta le avventure di Ferraro partendo dai suoi vent’anni per arrivare fino alla realtà odierna e dà delle risposte a questioni aperte nei due precedenti romanzi che lo vedevano protagonista. L’autore affida al suo più celebre personaggio una quarta dimensione: quella del tempo, che si identifica nel suo passato e nelle esperienze che l’hanno formato e trasformato.
Nella vita di Michele Ferraro sono infatti accadute molte cose che l’hanno portato a farlo diventare ispettore in forze al commissariato di Quarto Oggiaro. In questo libro, composto da dodici racconti, solo apparentemente autoconclusivi, e da un’unica storia che scorre in modo trasversale tra di essi, Gianni Biondillo ripercorre le gesta del poliziotto a cui ha dato vita e che è già stato protagonista dei suoi due primi romanzi. Diviso in quattro parti, Il giovane sbirro parte da quell’ Inizio, in cui attraverso l’episodio Specchi opposti Ferraro si sente per l’ultima volta ragazzo associando la sua perduta gioventù all’ultima canzone pubblicata da Lucio Battisti.
Nella seconda parte,Vertici aerei precipizi, la vita di Ferraro è quella del giovane sbirro che svolge il proprio mestiere tra la Valle d’Aosta e uno sperduto paesino nelle valli bergamasche in cui viene trasferito e dove con la moglie Francesca mette su casa. Sarà proprio in questo contesto che Michele Ferraro comincerà a risolvere i primi casi e farsi le ossa come ispettore.
La terza parte, In Mediolanum è invece dedicata all’esperienza milanese, agli incontri con quei personaggi e colleghi che l’autore ci ha fatto conoscere nei primi due romanzi. E tutto questo ci conduce alla parte finale, (Dalla fine per l’appunto) in cui nell’episodio Perchè no lo sbirro, ormai non più così giovane, compie una scelta di vita determinante che lo porterà ad occuparsi del caso di un cane sgozzato, e che, come in una sorta di cerchio che si chiude, è proprio l’inizio del primo romanzo scritto da Biondillo. Tra un episodio e l’altro c’è poi la storia della scomparsa di Kledi che riporta Ferraro ai giorni nostri attraverso un’indagine in cui le varie etnie che compongono la giungla metropolitana diventano protagoniste a loro volta.
L’intensità , l’umanità e l’ironia con cui Biondillo racconta di Ferraro sono come sempre presenti e determinanti nel modo di scrivere di quest’autore, che ancora una volta, ha dato alle stampe un libro bellissimo.