Praga č sconvolta da una serie di terrificanti omicidi.
Č la Cittŕ Nuova a esserne stravolta. E le chiese nel cui perimetro la modernitŕ ha fagocitato un passato remoto che non ne puň piů di essere tutt’al piů memoria sui libri che nessuno legge. Ad attrarre come polo magnetico il sanguinoso disegno č Kv?toslav, ex poliziotto che ha in odio il proprio nome e che per questo si fa chiamare semplicemente K (vi ricorda qualcosa?).
Considerato da tutti incapace, inesperto, tagliato per una vita perfettamente mediocre, K č l’idiota dostoevskiano che, per la sua profonda competenza per la storia medioevale, trova modo di bucare la superficie dell’inettitudine a cui č destinato mettendosi a disposizione di una confraternita, detta del Corpus Domini, ed eseguendo come un soldatino disciplinato il compito che gli č stato assegnato per cambiare addirittura il corso del tempo. E riportare i luoghi di culto a rivivere il loro naturale passato gotico violentato nel corso dei secoli.
Sette chiese di Miloš Urban č stato definito da Radio Praga “La risposta ceca a Umberto Eco” e il giudizio viene strillato nella quarta di copertina del libro. Un po’ pretenzioso a dir la veritŕ, ma utile a far capire l’atmosfera con cui il giovane autore compone la struttura della storia.
Testo oscuro, corposo nelle descrizioni, talmente dettagliate da consegnarci un quadro a volte piů onirico che realistico. Anche se poi la dimensione del sogno č solo un fraseggio, un presagio e i fatti invece accadono cosě come vengono descritti.
Notevole il tuffo nella storia, con la cura filologica dovuta da chi ha studiato la materia e lo riporta nel secondo risvolto, e altrettanto convincente l’immersione in un infinito nero praghese da cui ci attendiamo l’arrivo prima o poi di un qualche cosa simile all’apocalisse. Nel nuovo (e, a quanto pare, improsciugabile) filone del romanzo noir storico o proto tale una delle prove piů oneste. Per lo meno, personaggi e composizione narrativa non smettono di vivere una volta terminata la lettura.