I quattro fiumi

I quattro fiumi del duo Vargas-Baudoin riafferma il primato. Una storia col fiato del racconto lungo, assume contorni e anima di un piacevole romanzo visuale. Da godere nel suo insieme e pure da interiorizzare isolando le singole tavole. La vena espressiva di Fred Vargas la conosciamo bene. Quando poi entra in campo il suo eponimo, il commissario Adamsberg, allora il titillare delle nostre celluline grigie (zia Agatha ci perdoni) diventa puro piacere. Qui però interviene anche Edmond Baudoin, disegnatore di culto in Francia nonché amico fraterno della scrittrice. E quel piacere raddoppia. Perché il suo bianco e nero, che ricorda così da vicino il tratto di china di José Muñoz, amplifica la solitudine dentro cui galleggiano i protagonisti, il loro attraversare lesistenza con la sola forza dei propri nervi. Un senso di abbandono che dovrebbe fare a pugni con la necessità di fuggire alla caccia alluomo che la storia rivela (e alla volontà del commissario di metterne fine), ma che invece arricchisce di pathos la fruizione del romanzo. Aiutata a emergere a sua volta dal disegno di Baudoin, che permette di accumulare piani temporali consequenziali che completano lintera narrazione
E magari sarà anche che la Vargas non parla poi una lingua diversa da quella dello sceneggiatore Carlos Sampayo, che di Muñoz è storico sodale e col quale ha dato anima e volto allo strepitoso Alack Sinner, solitario detective nella New York dai bassifondi che più neri non si può. Adamsberg-Sinner: laccostamento brilla. I due possono andare a farsi una birra insieme senza trovarsi reciprocamente insopportabili. Forse abbiamo raggiunto una nuova frontiera e ancora non ce ne siamo del tutto accorti.
I quattro fiumi- Vargas e Baudoin - einaudi
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