Vinigo. La scala del tempo – Federico Moro



Federico Moro
Vinigo. La scala del tempo
Linea Edizioni
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Enea Altoviti e Elia Andreola, protagonista e coprotagonista della storia, attraversano le pagine  di Vinigo,  la Scala del Tempo di Federico Moro, benchè  vissuti in epoche lontane  tra loro.  Il primo, Enea Altoviti,  sessantenne a luglio del 2022, per allontanarsi dalla barbara invasione russa dell’Ucraina, dal Covid, pandemia  che continua a intimorire, e alla ricerca di sé stesso, troverà  approdo e  asilo a Vinigo, piccola frazione di Vodo di Cadore ….  Un posto adatto per lavorare  in santa pace,  un paesino montano che conta appena un centinaio di abitanti, affollato solo durante le vacanze. Ha preso in affitto  da Veronica, titolare di un’agenzia immobilare contattata via mail, un appartamento, grande quanto basta, in una  bella casa di tre piani che sorge nell’assolato  pianoro  in val Boite,  ai piedi del Monte Antelao. Prati verdi a non finire davanti e dietro a lui. Alle  sue spalle spiccano vigili e splendide le montagne.
Nel suo secondo giorno a Vinigo, Enea, giornalista di mestiere ma con un lungo e intenso  passato che l’ha portato per mare, comincia piano piano ad ambientarsi in quel piccolo mondo  a lui sconosciuto,  scoprendo  come prima cosa di avere come vicina  la bella e giovane Alice, paracadutista, maresciallo dei carabinieri e  da sempre amica di Veronica. A tarda sera  poi, spingendosi fino alla Taverna  di Vinigo, unico caffè del villaggio,  incontrerà  un’ospitale  coppia di anziani pensionati, Franco e Laura,  anche loro suoi  vicini di casa e molto disponibili a dargli informazioni  sul luogo, che gli parlano di passeggiate seguendo i cammini montani,  di ricerca di funghi lungo il Sentiero del tesoro ….  E, come succede sempre nelle piccole comunità, scoprirà anche  che  tutti sanno già  tutto di lui e del suo arrivo.
Ma sarà solo dopo una birra in compagnia, tornato  a casa, per immergersi  nella lettura  di un libro  da  recensire, che si renderà presto conto di avere molto  in comune, oltre alle iniziali, con il personaggio principale del primo racconto, Elia Andreola.  Intanto perché Andreola ha sessant’anni  come lui e come Altoviti  era stato un marinaio.  Ma Andreola, sbarcato  a Caorle, nel 1848, aveva aderito ai moti rivoluzionari  e, diventato un ardente  patriota, era stato mandato nel Cadore  insorto in veste  di inviato personale  da Daniele Manin, Presidente Provvisorio  della Repubblica di San Marco. Il suo  compito  era raggiungere e aggregarsi  a Vinigo al nuovo capitano, Pier Fortunato Calvi che radunava  braccia per difendersi dagli austriaci.  Ma doveva anche  adempiere a una speciale missione.
Leggendo quelle pagine, Altoviti apprende  la potenza  delle batterie di sassi, letali armi dei montanari che avanzavano minacciosamente  mentre rimbombavano le   campane a martello  per chiamare alla vittoriosa battaglia di Chiappuzza …  Nel racconto però assume  grande  importanza il sentiero usato allora dai cadorini per affrontare il nemico. Chiamato il Sentiero del Tesoro e   legato a un’antica  leggenda  che racconta celi un segreto?
La mattina dopo Enea Altoviti, incuriosito, approfondisce con gli anziani vicini, la storia del Sentiero del Tesoro, quello di cui gli hanno già parlato, quello dei funghi. Poi, con l’istinto del giornalista,  si spingerà subito a cercare quel sentiero e, ignorando i fatali rischi per le rocce carsiche di una  tempesta in arrivo, dovrà essere tratto in salvo da Veronica, abile scalatrice, e da Alice, la sua bella vicina. Alice, originaria di Vinigo, una giovane donna inquieta con una vita complicata e segnata da un pesante passato di guerra, approdata nel paese come Andrea pur con diverso scopo e da alcuni anni.
Il loro incontro si trasformerà in una complice duplicità, originata dal passato e presente che s’intrecciano, costringendoli continuamente a confrontarsi con  la realtà. Una realtà che pur assumendo accese e minacciose tinte gialle, potrebbe aprire la strada verso un tesoro, ma , se sottovalutata  anche verso la morte.
Un mistero che costringe Enea a recarsi nella Biblioteca di San Vito, a caccia di maggiori informazioni, dove  per lui inizieranno a moltiplicarsi antichi  fatti storici  oltre  alla battaglia di Chiappuzza. Scoprirà infatti per bocca del bibliotecario che le battaglie combattute nella zona prima della Grande Guerra sono state tre. Nel 1508 la più importante per la la zona: la battaglia di Rusecco affrontata  in pieno inverno, con  il trionfo di Bartolomeo d’Alviano che bloccando l’avanzata  degli imperiali di Massimiliano d’Asburgo consentì  alla regione dolomitica di restare sotto la Serenissima. Quella di Chiappuzza, era stata la seconda seguita da una terza poche settimana dopo combattuta a  Venàs, a  rappresentare orgogliosamente l’ottocento risorgimentale.
Ma i tanti diari veneziani che riportano la clamorosa vittoria  del grande condottiero perugino del ‘500 nascondevano un particolare : il Tesoro. Un Tesoro forse legato  ai   conquistatori macedoni   del grande Alessandro che erano andati persino oltre  le  imponenti vette dell’Afghanistan?
Mentre una serie di continui flasch back costringe Enea a travalicare i millenni, scatenando contrasti e avventure, tornano a calcare la scena vecchie conoscenze  che si fanno largo in un critico intrigo internazionale.
Ma fermiamoci qui sui gradini della scala del tempo per non svelare troppo di un libro, denso di personaggi e  storie collaterali, e che presenta diversi piani di lettura.  Piani che dal giallo storico scivolano  nella  spy story  a sfumature noir, consentendo a chi legge di interpretare come preferisce i raffinati suggerimenti di Federico Moro, storico, professore universitario, scrittore e  credibile commentatore di fatti vicini e lontani. Un ampio romanzo  giallo che, mentre esplora luoghi nascosti della natura umana, prova a spiegare certe decisioni prese da uomini famosi e perché . Uno sviluppo narrativo con il ritmo che fonde azione, dramma, suspense e amore  e in cui l’autore riesce a  tenere sempre accesa la curiosità e l’interesse, rendendo universale e speciale un villaggio, le solenni bellezze di un ambiente  incontaminato che si affaccia su Monte Rite e Monte Pelmo,  con alle spalle il Monte Antelao. Un villaggio  che Moro descrive attraverso suoni e luci  in ogni tempo,  con il rumore del vento che soffia tra gli alberi, i violenti e repentini  scrosci di pioggia, il silenzio delle case e delle  strade che lo circondano. Un microcosmo estraneo agli altri paesi della valle verso Cortina, percorsi dalla Statale,  con i paesaggi che si uniscono ai personaggi della trama.
Mentre passato e presente si sfiorano appaiati su un ideale parallelo, nitido esempio di come nessuno sia mai ciò che pare.

Patrizia Debicke

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