Acqua che porta via



Fabrizio Canciani
Acqua che porta via
Todaro
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Ritroviamo con piacere Bruno Kernel, detective per necessità più che per vocazione, anche se questa volta fa soprattutto da spalla a Paola Martini, declassata o promossa per sua scelta a comandante della Polizia Municipale di un paese dell’hinterland milanese con 8.000 anime nei pressi dell’Olona e con, per fiore all’occhiello, un ex mulino di tendenza: la discoteca Visconti club. Già, proprio Paola Martini, sua ex (quanti bei ricordi, delusioni e rimpianti magari) bella quanto una top model e determinata come un katerpillar, oggi ohimé incasinata in un’avventura senza miraggi con un taglia cadaveri o medico legale sposatissimo. Ma questo acqua che porta via è quasi un romanzo storico perché intercalato da continui e suggestivi flasch back temporali che seminano indizi per i lettori più scafati. E infatti si riparla della pianura padana, si risale all’anno 1919 quando una serie di brutte morti misteriose avevano messo in fibrillazione il contado nella valle dell’Olona. Uomini e animali erano stati contagiati da un morbo letale. E l’ingegner Flumani, convocato dal “Consorzio del fiume” per indagare e trovare il bandolo di quella pestilenza, dovette fare i conti con le bugie, i silenzi, le superstizioni e le paure della gente. Uniche certezze: il probabile killer, il carbonchio e la morte portata dal fiume. Comunque, a maggior chiarezza a voi una breve lista dei personaggi principali in ordine d’apparizione: un morto del 1919, Bruno Kernel, che la caccia a una moglie fedifraga porta in zona, il morto ammazzato di giornata, Francesco Grandi, esimio professore di chimica analitica (gay ma che c’entra?) ritrovato sul greto dell’Olona cadavere dal pescatore Attilio, lei Paola accorsa in veste professionale, ma presto soppiantata dal maresciallo a capo della locale stazione dei carabinieri Pulga, l’assatanato taglia cadaveri Riccardo Boifava ecc. ecc. Ma per tornare all’intreccio: nella zona contadina del 1919, oggi, hinterland milanese, alla fine dell’estate, con le fabbriche chiuse per ferie, la quasi miracolosa ricomparsa dei pesci nella corrente dell’Olona, nonostante i cartelli di divieto, non ferma l’amo di un temerario pescatore, che aggancia un cadavere. Il morto era un benvoluto insegnante di un istituto tecnico, giornalista a tempo perso per una testata locale, ma anche un minuzioso e accurato ricercatore. L’autopsia rivela che è morto per annegamento ma dopo aver ricevuto un bel colpo in testa che gli ha fatto perdere i sensi. Perché? Paola, coadiuvata da Kernel, si incaponisce a chiarire il mistero. I carabinieri si sperdono su piste comandate, qualcuno vuol mettere i bastoni tra le ruote e non far scoprire altarini di comodo. Il professore faceva ricerche sul passato. Affiorano strane storie che riportano all’Olona. D’altronde, come dice uno dei personaggi della vicenda: «Ogni posto ha il fiume che si merita».E proprio il povero Olona, protagonista offeso, malandato, umiliato, intombinato, agonizzante ma ancora vivo, qualche volta si fa ricordare, anche troppo! Però ormai la nostra vigilessa capa è partita lancia in resta e non la fermeranno minacce semi mafiose e attacchi diretti personali. Ma il troppo stroppia e tradisce. La soluzione è a portata di mano. Anche se il vero male arriva da lontano, come aveva rivelato la strologa nel lontano 1919 all’esimio professor Flumani.

patrizia debicke

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