Un nuovo giallo targato Crepanzano che ci offre un caldo luglio del 1952, sempre con l’indovinata ambientazione di una Milano vintage, con i quotidiani scatenati sul prossimo avvento della Ceca, sulla battaglia elettorale americana, gli scontri politici italiani e l’impazzare dei tifosi per il Tour de France con Fausto Coppi in gara.
Con moglie, figlia e madre in vacanza a Canzo raggiungibili solo a fine settimana, Il commissario capo del Porta Venezia, Mario Arrigoni, rimasto solo nella città canicolare, deve arrabattarsi mangiando a mezzogiorno sanguis, storpiatura milanese di sandwich, nella trattoria bar da Gino e a cena i piccanti piatti sudisti della portinaia pugliese, che si è assunta anche il compito di lavare e stirare le sue camicie.
Ma stavolta Arrigoni è costretto a nuovi orizzonti cittadini. Complici l’estate e l’assenza dei colleghi vacanzieri, volente o nolente viene spedito dal vice questore a rimpiazzare i colleghi in un elegante palazzo di via Brera dove quella mattina Osvaldo Verga, coniugato, titolare di uno studio pubblicitario, consumatore di macchine di lusso, scommettitore accanito di pelota è stato trovato morto, riverso sulla scrivania dalla sua bella e giovane assistente, Mariangela Marangon. Scrivania dalla quale, a detta della Marangon, mancano un grosso portacenere di cristallo e lo zippo del Verga e che i rilievi della scientifica dell’epoca dichiarano pulita da impronte.
La porta dello studio è chiusa regolarmente, ma sbagliate di grosso se pensate di trovarvi davanti a un classico alla Christie perché tutti i numerosi collaboratori dello studio, la donna delle pulizie e quanti altri mai hanno a disposizione le chiavi.
Altrettanto fin dai primi interrogatori è evidente che nessuno sembra sconvolto dalla morte del Verga. Né la moglie, intelligente coetanea, con la quale da anni condivideva ben poco, né l’assistente che voci comuni danno come sua amante in passato e quindi principale indiziata , né l’architetto disegnatore che sfruttava. Altri punti interrogativi il Verga era un accanito giocatore e le finanze del suo studio andavano a rotoli.
Senza la petulante assistenza del suo vice Mastrantonio, anche lui in ferie al suo paese con la fidanzata, la piacente portinaia Marisa, conosciuta nell’ultima storia, il baffuto commissario si lancia d’impeto all’attacco e avvalendosi dell’apporto dell’agente Sgombretti del commissariato Brera, con al fianco il suo agente e quasi figlioccio Ciro Di Pasquale, raccoglierà succose informazioni dalle chiacchiere della milanesissima donna delle pulizie.
Altrettanto deve confrontarsi con la semiostilità della contessa Leonella Mascheroni Monti, vicina di casa del Verga, ricca vedova di un importante generale fascista, e proprietaria dell’immobile.
Ma Mastrantonio torna in anticipo, si intrufola nell’inchiesta e, benché tarpati sul nascere i suoi tentativi di prendere la scena, riesce a scoprire un particolare scabroso…
Ora però stop con la trama, ritrovate lo Zippo… oppure andatevelo a leggere
Dialoghi scorrevoli, suggestiva descrizione della zona Brera dell’epoca. Molto intrigante!