Fuga – Harlan Coben



Harlan Coben
Fuga
Longanesi
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Osservavo questo nuovo lavoro di Coben con incerta curiosità, fino a che, tra le prime righe, mi è apparso un luogo familiare che non può far altro che invitare a proseguire nella lettura con famelica avidità.
Si, perché, lo Strawberry Fields Memorial di Central Park invita da subito ad entrare tra le righe e gli eventi di “Fuga”, lasciando da subito il lettore voglioso di proseguire tra le anse narrative cesellate con cura dall’Autore.
Il nuovo lavoro di Coben è la morte della fiduciosa sicurezza, di quella granitica tranquillità portata dalla coperta di Linus di quelle nostre certezze che ci circondano di quotidiana serenità.
E quel che rimane, come sempre, è l’incubo.
Ma questa volta l’incubo è duplice, poiché Coben ci conduce su binari apparentemente paralleli e separati, invitandoci a ricostruire i punti di contatto, laddove esistenti, tra le vicende della giovane Paige, divenuta irrecuperabile tossicodipendente per via del suo compagno Aaron, ed una catena di misteriosi omicidi.
Le note nichiliste di “Animals” dei Pink Floyd sembrano essere la colonna sonora perfetta per questo solido plot narrativo, in cui la prosa, asciutta, diretta e chirurgica di Coben è elemento che diviene tutt’uno con gli eventi intricati e labirintici narrati tra le pagine, grazie alla precisione lessicale di Stefania Cherchi (Falcones, Heather, Cornwell) per un prodotto dalla eccellente cura editoriale, marchio indelebile dei prodotti di Longanesi.

Giuseppe Calogiuri

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