Argentina (prima parte)

Inauguriamo con questa appassionante cronaca scritta da Daniele Charam (Spazio Samadhi) la rubrica dei racconti e delle cronache di viaggio. Chi volesse pubblicare su WhiteSide il proprio “diario di bordo”, o le proprie meditazioni di viaggio, non ha che da contattare la Redazione. E adesso… tutti in carrozza, si parte!

L’aereo elude le distanze. Tutto si trasforma in un pallino luminoso che pian piano si sposta sul monitor che hai di fronte, mentre tutto intorno sono sogni, fami ataviche, hostess gentili e luci che si alternano a ombre. Sotto di te, scorrono l’Europa, l’Atlantico e il Sud America ma non sei ancora arrivato. Perché l’Argentina è ancora più giù, verso il fondo, verso la fine, verso l’estremo sud del mondo. Lo sai che il mondo è rotondo, ma questo gioco ti piace e ti lasci avvolgere. Così, con questo pensiero il tuo aereo atterra e sei arrivato a Buenos Aires, sei arrivato in Argentina.
Un paese immenso, basta guardare una cartina per rendersene conto. Da nord a sud è come andare da Mosca al Portogallo, le distanze sono immense. E Buenos Aires ti accoglie in grande stile, come solo le grandi e uniche città possono fare. È una metropoli immensa, con 14 milioni di persone: grattacieli ovunque, non solo a down town come succede negli States, alternati a case più piccole. Avenide larghe trenta metri con nove corsie e un traffico, a volte congestionato come a Milano, ma, dicono, meno pericoloso, perché la maggior parte delle auto va a gas. E quindi inquina meno. Buenos Aires si vive camminando: dal suggestivo quartiere Santelmo al ricco Palermo, da Recoleta alle vie indaffarate del centro.

Immancabile una visita alla Casa Rosada, sede del governo e luogo in cui, una volta alla settimana le madri silenziose dei desaparecidos continuano a sfilare, a chiedere verità e giustizia. L’Argentina non ha dimenticato, non dimenticherà mai. Le ferite sono profonde, ma il dolore è ancora tutto lì, percettibile, appena sotto la superficie della pelle. La città è viva, a tutte le ore del giorno e della notte. Gente che passeggia, che mangia, negozi aperti , dog sitter con dieci/dodici cani da portare a spasso e taxisti disponibili e cordiali. Sud America o Europa? Il dubbio sorge spontaneo.
La memoria è un sistema ricettivo, fatto di impressioni e istantanee. Nelle gambe restano i chilometri di passeggiate, tra vie eleganti e vie indaffarate, vie dedicate allo shopping e vie dove incontrare un amico e bere qualcosa. Ma nella mente tornano gli acrobati ai semafori delle strade, che propongono un mini spettacolo con quattro o cinque palline, tra un rosso e un verde; i parchi di Palermo, con i pappagallini verdi che volano da un albero all’altro; la mattina, in cui a tutti i manifesti pubblicitari della città raffiguranti biancheria intima e lingerie, una misteriosa setta ultracattolica ha cancellato con la vernice nera le parti più scabrose; chissà, forse per reazione, qualche giorno dopo, qualche buontempone aveva parzialmente colorato di nero le luci verdi dei semafori, in modo da far apparire, al via libera, tante foglie di marjiuana; il passaggio pedonale di Florida e i fasti del teatro Colon, il casinò galleggiante e il treno della costa, che ti porta direttamente sul Rio de la Plata. Da laggiù, Buenos Aires assomiglia ad una città moderna come tante altre, ma basta entrare nel suo cuore, per capire che le cose non stanno esattamente così.

Da Buenos Aires alla Patagonia il passo è tutt’altro che breve. Tremila e cinquecento chilometri e arriviamo a El Calafate, un piccolo villaggio in mezzo al niente. Nel villaggio però, c’è tutto: internet cafè, agenzie di viaggio super organizzate, ristoranti, alberghi e una libreria-cafè dove ci siamo innamorati di Mercedes Sosa, tanto da nominarla ufficialmente nostra colonna sonora ufficiale. Lo stupore è dietro l’angolo: da El Calafate partiamo alla scoperta de Los Glaciares, immense distese di ghiaccio affacciate sull’immenso Lago Argentino. Nel viaggio, non mancano gli iceberg, bianchi e cristallini oppure azzurri intensi. Navigano silenziosi, disturbati solo dal nostro battello, dove bambini e adulti riscoprono il piacere di dire “ooohhh”, proprio come i bambini di Povia. Il giorno dopo un’altra escursione: andiamo a vedere l’unico ghiacciaio al mondo che, invece di ritirarsi, si allarga: è il Perito Moreno, pronto a farsi ammirare da una veranda incredibilmente vicina. Talmente vicina che ogni piccola rottura del ghiaccio si percepisce, come un essere vivente in continua trasformazione.

La seconda parte del viaggio verrà pubblicata la prossima settimana.

daniele charam

Potrebbero interessarti anche...