Arturo Brachetti, l’uomo dai 1000 volti.

Dopo aver visto in teatro alcune esibizioni di Arturo Brachetti, delle quali memorabile M. Butterfly in cui interpretava una parte femminile al fianco di Ugo Tognazzi, è emozionante vedere il suo vero volto e sedergli a fianco. Ha il capo completamente rasato con il celebre ciuffo di capelli verticale, grazie, a suo dire, a un gel al viagra.
Fino a quando ha compiuto 50 anni, Arturo Brachetti non rivelava la sua età. A chi gliela chiedeva rispondeva scherzosamente di segarlo in due e di contare i cerchi.
E’ nato a Torino nel 1957, padre e nonno dipendenti Fiat. Racconta di essere stato un bambino timido e per questo la sua famiglia lo aveva mandato a studiare in seminario.
Lì aveva incontrato don Silvio Mantelli, un giovane prete con l’hobby della magia, che lo aveva scelto come assistente. Il fatto di farsi tagliare la testa ripetutamente lo aveva aiutato a vincere la timidezza e appassionare alla magia e ai giochi di prestigio. Qualche tempo dopo grazie alla lettura del libro autobiografico di Leopoldo Fregoli ha iniziato a praticare il trasformismo.
La carriera teatrale vera e propria è iniziata a Parigi il giorno di Pasqua del 1979, al Paradis Latin.
Dopo due mesi in teatro ufficialmente come attrezzista e addetto alla cura del coniglio che veniva impiegato negli spettacoli, provando i numeri di trasformismo dopo le 2 di notte quando il locale si svuotava, finalmente Arturo Brachetti ebbe la possibilità di esibirsi in scena davanti al pubblico.
Una notte di trionfo, seguita il giorno successivo dall’accensione di una candelina di ringraziamento a Nôtre Dame. La cariera è proseguita con grandissimo successo e lo ha portato a esibirsi in vari paesi del mondo e davanti alle più importanti personalità della Terra. Oltre a esibirsi in prima persona, Brachetti lavora anche come regista teatrale e ha diretto gli spettacoli di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Nel 2007 ha raccontato la sua vita in “Uno, Arturo, Centomila” edito da Rizzoli.

Come mai hai pensato di raccontare la tua vita in un libro?
Me lo hanno chiesto, da due o tre anni dicendomi che, rispetto alla media, in cinquant’anni avevo fatto molte più cose di quelle che vengono fatte dal 95% delle persone.
Ho iniziato a raccogliere degli appunti con l’aiuto di un giornalista che mi costringeva a mettere le cose in ordine cronologico. Non mi riconoscevo nell’abbozzo della biografia, quindi ho fatto a modo mio, tutto da solo, inserendo aneddoti teatrali. Ne è uscito un libro divertente.

E’ stato difficile cimentarsi nella scrittura con l’esperienza del teatro?
No, invece di raccontare le cose in teatro le racconto in un libro, anche se abitualmente non scrivo monologhi.

Prevedi di insegnare a qualcuno i tuoi trucchi?
No, sto pensando di clonarmi perché così vorrebbe il mio produttore.

Esistono scuole di magia e di illusionismo in Italia?
Si, ce n’è una bellissima a Torino, il “Circolo Amici della Magia”. E’ stato anche fatto un congresso internazionale a Saint Vincent, con partecipanti provenienti da tutto il mondo.

Quanto tempo ti eserciti per i tuoi spettacoli?
Per l’”One man show” mi occorre poco tempo, per ogni nuovo spettacolo ci vuole almeno un anno di preparazione. A novembre debutterà il mio nuovo spettacolo con una ventina di artisti, acrobati e trapezisti.

Ami leggere?
Si ma ho poco tempo. Leggo Topolino prima di addormentarmi.

Cosa leggi?
Leggo da “Angeli e Demoni” di Dan Brown a libri più impegnativi.

La più grande soddisfazione professionale della tua vita?
Quando ho vinto il Premio Molière nel 2000, che non era stato mai conferito a un artista di varietà.

Vorresti ringraziare qualcuno?
Molte persone, tra le quali don Silvio Mantelli che mi ha insegnato i rudimenti dell’illusionismo a Federico Fellini, al quale mi ispiro per i miei spettacoli.

La tua più grande qualità?
Ne ho due, la pazienza e la sindrome di Peter Pan.

Ambretta Sampietro

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