Assassine



cinzia tani
Assassine
mondadori
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Lo chiamarono, erroneamente, il sesso debole.
Le storie dei delitti commessi dalle donne in più di quattro secoli, e raccolte all’interno del volume “Assassine” di Cinzia Tani, fanno davvero meditare il lettore. Chi legge le terribili vicende di queste criminali non può che rimanerne coinvolto, stupito, inorridito.
La prima parte del volume, dedicata alle storie più risalenti, è accomunata da un filo conduttore, costituito dall’utilizzo dei veleni, soprattutto dell’arsenico, da parte delle assassine. Mariti, padri e amanti vennero letteralmente “fatti fuori” grazie all’uso del veleno inserito in pasti e bevande, somministrati in modo amorevole dalle macchinatrici del crimine.
Tuttavia, il libro esordisce con la terribile storia della sanguinaria contessa Bàthory, che sacrifiò un numero impressionante di giovani ragazze per garantirsi l’eterna giovinezza. Indimenticabile è, poi, la narrazione degli infanticidi dell’orchessa Jeanne Weber che uccise, per soffocamento, molti, davvero tanti, bambini che, stranamente, le continuavano ad essere affidati.
Si giunge, poi, ai delitti d’onore, come quello della contessa Maria Elena Oggioni a danno di un mai accertato amante, passando attraverso la storia della saponificatrice di Correggio per giungere sino alla follia di Ruth Ellis, esplosa negli anni Cinquanta ed esplicata nei minimi particolari.
La narrazione romanzata delle storie, la creazione quasi di fotogrammi cinematografici, rendono sicuramente meno tecnici i racconti dell’autrice, che permette al lettore di scoprire non soltanto le rilevazioni della polizia, o il contenuto degli atti processuali, ma anche, e forse soprattutto, le motivazioni, a volte capricciose, in alcuni casi schizofreniche ma spesso dettate dal dolore e dalla solitudine, che hanno portato trentacinque donne a macchiarsi di terribili crimini e a rimanere per sempre scolpite nella storia.
“Assassine” è, perciò, non soltanto una raccolta di episodi delittuosi ma anche un mezzo attraverso il quale analizzare lo sviluppo della socità e studiare gli intricati meccanismi che muovono, spesso in direzioni del tutto errate, la debole mente umana.

Stefania D'Ammicco

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