Assassinio alla Scala- Intervista a Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone

Assassinio-Alla-Scala-16965Scrivere un romanzo a sei mani, è un’avventura affascinante. Come riuscite ad organizzarvi, a condividere e mescolare le vostre idee prima di metterle su carta?
Con l’antica arte dimenticata del dialogo vis a vis, inconsueta nella società 3.0. Siamo tre scrittori di qualità, molto diversi tra noi, che si trovano al bar e diventano un quarto scrittore ancora diverso. Come per il Fernet Branca e la Coca-Cola, l’alchimia nasconde un segreto, che possiamo rivelare perché tanto é irriproducibile: un segreto composto da talento, passione e amicizia.

Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di scrivere insieme?
Ognuno di noi scriveva, e scrive, anche romanzi singolarmente. Il caso ha voluto che agli esordi fossimo in scuderia con il medesimo editore. Prima hanno fatto amicizia Andrea e Francesco, nel 2008, poi nel 2011 il trio si è completato con Riccardo. La decisione di scrivere assieme non appartiene a noi, non siamo così geniali, ma a Luca Crovi, che invece lo è, che in un gelido inverno del 2012 ci ha proposto di rubare la Madonnina dal Duomo di Milano. Da lì a qualche mese la sua folle idea ha portato all’esordio letterario del trio con “Operazione Madonnina”.

La creazione di un personaggio è sempre complicata e ricca di insidie. Il commissario Santambrogio è una figura emblematica e ottimamente caratterizzata. Da dove avete preso spunto per la sua creazione?
Il commissario Santambrogio è, per prima cosa, un sopravvissuto. Questa condizione lo guiderà e lo attanaglierà, insieme, per tutta la sua esistenza. Proprio da questa condizione siamo partiti per costruire questo personaggio che è un po’ un misto di tutte le nostre istanze poetiche. Il fatto di essere in tre ci aiuta a far sì che il personaggio di Santambrogio e tutti gli altri non abbiano solo una o due dimensioni, ma addirittura tre. Se aggiungiamo il punto di vista del “quarto scrittore” di cui sopra, i nostri personaggi escono addirittura dalle pagine.

Prendere il Teatro la Scala come luogo del misfatto e’ un’azzardo importante e nel vostro caso ottimamente riuscito. Il perché di questa scelta?
Volevamo colpire al cuore Milano nella sua immagine mondiale. Noi abbiamo rubato la Madonnina dal Duomo e sbancato il Rischiatutto di Mike Bongiorno, siamo abituati a puntare alto, non soffriamo di vertigini. Inoltre volevamo un’icona classica e inondarla del nostro desiderio di innovazione: un poliziesco a Milano, internazionale seppur meneghino, improntato su le Strade di San Francisco, con omaggi però al nume Scerbanenco, con un antagonista plausibile e verosimile ma come non se n’era mai visti prima. Insomma, dietro il nostro divertimento si cela una poetica complessa, che mira a diventare una voce importante dicendo qualcosa di un po’ nuovo e un po’ diverso: ce la faremo? Forse. Ci proveremo? Certamente. Domani, all’alba, vinceremo.

La Milano sullo sfondo di questo romanzo e’ assoluta protagonista. Una città che ben si abbina al noir…
Sì, poi la nostra Milano è quella degli anni settanta, quella di moltissimi film di seconda e terza visione, i poliziotteschi, quella che è rimasta nei ricordi di tutti anche iconograficamente. Milano ha un non so che di fascinoso e di pericoloso assieme, e questo è un aspetto molto noir che le appartiene, forse anche inconsapevolmente.

I dialoghi tra Santiambrogio e il collega Daglas sono così diretti che sembra di guardare un film…come procedete quando dovete inserire questo elemento così importante per in romanzo?
Per i dialoghi facciamo la cosa più semplice di tutte, e anche la più ovvia: li proviamo al bar. Se gli avventori non si girano, allora non sono buoni. Se invece fra un caffè e una birra, le persone sorridono o ci guardano come fossimo dei personaggi da film, i dialoghi sono ok, e li trascriviamo.

Diteci la verità: odiate i loggionisti e le opere di Verdi?
No. É che a dire il vero, noi non siamo melomani. Se non avessimo avuto i nostri “loggionisti”, non saremmo arrivati quarti per il pubblico al Premio Scerbanenco, l’anno scorso. É che forse abbiamo una filosofia differente, questo sì. Noi non parliamo male di chi non ci piace, parliamo bene di chi ci piace. Come Calvino, cerchiamo ciò che non é inferno, lo proteggiamo, lo sosteniamo. Il brutto, lo scarso, ciò che non ha qualità é destinato a sparire da solo, fargli baccano contro lo manterrebbe solo a galla, desterebbe l’attenzione, come pensava Oscar Wilde.

Cosa si prova ad essere selezionati per dei premi letterari importanti come lo Scerbanenco?
Beh, in realtà avremmo voluto rispondere alla domanda “Cosa si prova a vincerlo”, ma sappiamo bene che i tempi non sono ancora maturi, soprattutto la nostra umiltà. A parte gli scherzi la risposta alla tua domanda è: una grandissima sorpresa e soddisfazione, non ci saremmo mai aspettati un simile risultato, sapendo che fior di autori e di editori erano della partita. E invece…

Avete già nuovi progetti?
Sì, siamo una Factory e nonostante la crisi non chiudiamo mai. A luglio usciremo su un’antologia del Giallo Mondadori, con un racconto che parlerà di calcio e segnatamente del Milan. In autunno uscirà il quarto episodio della saga iniziata con Operazione Madonnina.

 

Marco Zanoni

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