Giulio Leoni: I delitti dei nove cieli. Le indagini di Dante Alighieri.



Giulio Leoni
Giulio Leoni: I delitti dei nove cieli. Le indagini di Dante Alighieri.
Editrice Nord
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Autunno 1307. È un momento molto difficile per quello che i posteri chiameranno il Sommo Poeta. Dante Alighieri ha quarantadue anni. Dopo un lungo vagare esule dalla sua Firenze, scoraggiato per il mancato riconoscimento delle sue capacità (il Collegium Sapientiae della schola di Pisa gli ha bruscamente negato l’insegnamento ex cathedra) e messo da parte dai suoi stessi alleati politici, il poeta ha intrapreso il viaggio verso Parigi, dove intende frequentare il baccellierato presso la Facoltà delle Arti della Sorbona sia per approfondire il suo sapere e magari in seguito ottenere il posto di magister presso quella università. Ha con sè il manoscritto della sua opera. Per scrivere del Paradiso, di quello che definisce “la macchina celeste” intende rendere omaggio ad Aristotele ed è da tempo psicologicamente impegnato nella stesura dei capitoli. Come attribuire infatti una diversa gradazione alla beatitudine? Alla fruizione dell’agognato premio? Come? Lo intriga soprattutto quella nota letta al termine del compendio di Aristarco di Samo: altra regola muove i cieli? Aggregatosi a una carovana di mercanti, arrivato in Francia, lungo la via Francigena, sarà testimone di eventi allarmanti quali la distruzione di una commenda dei Templari – dappertutto girano voci inquietanti su quei monaci più ricchi di Creso e potenti come il sovrano – e quando finalmente giorni dopo supera le mura di Parigi, si renderà subito conto che in città vige un clima di caccia alle streghe. Le strade e gli stretti vicoli sono pericolosi, soprattutto per i disordini collegati all’arresto e al sequestro dei beni dei principali membri dell’Ordine del Tempio, decretato da re Filippo. Ma non tutti i cavalieri sono stati catturati ed è in atto la caccia all’uomo, con Parigi sconvolta dalle tensioni. E anche la facoltà delle Arti della Sorbona dove si recherà per iscriversi alla schola Astronomica è divisa da un’aspra, sotterranea ma pericolosa contesa, tra sostenitori del sistema geocentrico, ortodossi seguaci di Aristotele e Tolomeo, e gli ambigui novatores, che si rifanno invece all’eliocentrismo di Ipparco. Una contesa che verrà discussa durante una “controversia” alla quale Dante il pomeriggio successivo assisterà dopo aver trovato un misero alloggio presso l’Hospitale di Sain Jacques, locanda bordello, in via di San Germano. Controversia tra Arnolfo da Tolosa e Bonarriva da Forlì, ospitata per la folla dei presenti prevista per l’occasione, presso la chiesa del monastero trasformata in aula. Controversia che non sarà soltanto dottrinale, perché parteggiare per l’uno o l’altro dei contendenti, provocherà pericolose conseguenze, come dimostrerà la successiva morte del perdente, l’astronomo di origine italiana. Il suo cadavere infatti il giorno dopo verrà rinvenuto proprio nella stessa aula. Due giovani studenti della corporazione italiana chiedono a Dante di indagare su quella morte e lui, notando alcuni strani particolari della scena, intuirà che gatta ci cova. Infatti quello che si vuol far apparire un suicidio, addirittura la porta della chiesa è sbarrata da dentro, potrebbe invece essere un omicidio. Pur conscio dei rischi connessi a un’indagine, sarebbe meglio restare in ombra, il poeta non può mancare una tale sfida. Solo lui forse potrà sciogliere l’enigma e scoprire la verità. Ma non è cosa facile in terra straniera. Parigi poi è una città a lui sconosciuta, che cela tante insidie, dove alligna la delinquenza, si consumano sanguinarie lotte di potere e dove si nascondono templari sfuggiti al bando reale. Dante dovrà muoversi con la massima prudenza, scavando in un torbido labirinto d’indizi che copre sia il colpevole che il movente del turpe delitto. E alle spalle delle fazioni che si danno battaglia, si muove una misteriosa e cupa entità, un’importante figura nella storia del papato e della Francia di allora, che sembra seguire passo dopo passo le sue indagini. Punta forse a rovesciare anche la stessa corona di Francia? Dietro gli antichi calcoli celesti si nasconde un calcolo o meglio una operazione mirata, solo terrena e sanguinaria? Una macchinazione ordita all’ombra del processo ai Templari? L’uccisione di Bonarriva potrebbe essere solo il primo omicidio di una tragica serie. Un enigma che solo un uomo può svelare: Dante Alighieri. Una narrazione di puro godimento, originale e intrigante con il Sommo Poeta in cerca del suo paradiso in una Parigi da incubo trasformata in un autunnale e angoscioso inferno d’acqua.
Nella terza cantica della Divina Commedia, Dante Alighieri ci offre la sua visione del Paradiso. Rifacendosi infatti al sistema cosmologico aristotelico-tomistico divide il Paradiso in nove cieli di cui, di cui sette collegati a un pianeta o meglio a sette sfere del Sistema che gravitano attorno alla Terra e cioè Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno. E intorno ad essi gravitava il decimo: l’Empireo. In realtà, nella concezione tomistica (di san Tomaso d’Aquino), accolta da Dante, i beati avrebbero tutti sede nel Cielo empireo (o empireo), il più esterno dei cieli e, secondo le antiche teorie astronomiche il solo immobile, fatto di “luce intellettual piena d’amore”, diretta emanazione di Dio. Ma la Grazia divina avrebbe concesso loro di dividersi nel cieli inferiori per manifestarsi a Dante a seconda del loro operare terreno e delle loro inclinazioni.

Patrizia Debicke

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