Maschere



Leonardo Padura Fuentes
Maschere
Tropea
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In un parco poco fuori l’Avana viene scoperto il cadavere di un ragazzo travestito da donna. È stato strangolato e nel suo ano viene rinvenuta una moneta. Le indagini ci dicono che la vittima si chiama Alexis Arayan, omosessuale, un’esistenza sconclusionata, nonché figlio ripudiato di un papavero della rivoluzione castrista. Anche se sospeso dal servizio in strada per zuffa con un collega (e relegato in ufficio a riempire moduli), l’indagine viene affidata al tenente Mario Conde. Più semplicemente, il Conde. Che, sfidando i propri pregiudizi e il caldo impossibile dell’agosto cubano, entra in un mondo che quanto ad ambiguità è solamente più colorato e chiassoso di quello abitato da benpensanti, eroi e patriottici cittadini. Al dunque si arriverà. Ma il viaggio che porta a destinazione è di quelli che cambiano l’anima.

Terzo episodio della tetralogia delle quattro stagioni (l’episodio cade nel bel mezzo dell’estate), Maschere è l’omaggio di Leonardo Padura Fuentes alla libertà e all’indipendenza del pensiero. Un testo che, come il prossimo, Paesaggio d’Autunno) la Marco Tropea ripropone dopo tanti anni di fuori commercio. Siamo alla fine degli anni ’80, il Muro di Berlino non è ancora caduto, ma i primi scricchiolii sono già piccole ma costanti scosse. Che forse sono arrivate anche a Cuba. Di certo si sa che l’omicidio è avvenuto il 6 agosto, giorno della Trasfigurazione secondo la Bibbia. Ambiente omosex, travestitismo e cattolicesimo spinto: per il Conde è come camminare da elefante in un negozio di cristalli. Eppure saranno questi due mondi a portarlo alla fine del percorso.

E in questa commistione tra sacro e hard si muove Padura Fuentes, con la sua penna che conosce strada e poesia. C’è il tempo (e la necessità) di aprire squarci di memoria della Parigi esistenzialista, con ricordi in prima persona di Sartre, De Beauvoir, Camus da parte di uno dei protagonisti della storia. E c’è il piacere della parola scritta, il rispetto dell’eloquio, della cultura (lo stesso tenente si mette a scrivere un racconto). Perché si può andare a ogni latitudine, ma è la conoscenza a fare la differenza. E ci permette di guardare con occhi più luminosi i morti. Il cui effetto peggiore, come pensa il Conde, è che lasciano dei vivi sulla terra.

Corrado Ori Tanzi

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