Vedi, gli alberi sono,
le case che abitiamo reggono.
Noi soli passiamo via da tutto,
aria che si cambia.
Rainer Maria Rilke
Introdotta da questa splendida e significativa citazione da Rilke, la narrazione entra subito nel vivo:
“Si chiamava Cinzia. Aveva sette anni. Era scomparsa da due giorni.”
Un pugno nello stomaco. Che storia sarà? Brutta di sicuro, c’è di mezzo una bambina, una bambina piccola e probabilmente morta. La Visentin non ce lo dice, ma noi lo pensiamo immediatamente. Abbiamo voglia e timore di scoprire il seguito e la curiosità vince sempre: decidiamo di continuare a leggere.
E’ così che Marina Visentin ci spiazza fin dall’inizio e ci attira nelle maglie della vicenda.
Man mano che la storia ci viene raccontata dalla vicequestore Giulia Ferro, con funzioni di io narrante, siamo sempre più trepidanti e ansiosi di capire cosa è successo e chi è il colpevole. L’indagine però è una di quelle realistiche in cui non si trova non dico il bandolo ma neppure la matassa: niente è chiaro, niente è definito e gli indizi si rivelano inutili uno dopo l’altro. S’incazza Giulia Ferro insieme al suo fido collega Alfio Russo, la tensione in questura sale ma di questo delitto si continua a non sapere e a non capire niente.
Il racconto scorre veloce e teso nell’interpretazione dura e molto umana di Giulia, nella descrizione del faticoso rapporto quotidiano tra i membri del suo ufficio e nel susseguirsi di continui buchi nell’acqua.
La frustrazione degli inquirenti, l’ingiustizia delle circostanze sono palpabili e così convincenti da indurre il lettore a pensare che questa sia una di quelle indagini che falliscono, nelle quali il colpevole non viene scoperto. Anche l’autrice sembra concordare su questa ipotesi: “A volte i casi non si riesce a chiuderli, Giulia, lo sai vero? mi ha detto Alfio poco fa.”
Ci scopriamo così frustrati e solidali con Giulia e gli altri investigatori, mentre pensiamo che sì, è vero, nella realtà spesso i delitti rimangono impuniti e molti delinquenti la fanno franca, comunque la voglia di finire il libro non ci è passata e la storia continua ad appassionarci. Sta in questo l’abilità della scrittrice che ci rende partecipi dei sentimenti dei suoi personaggi, molto credibili, talvolta anche antipatici, troppo duri o eccessivamente ottusi, ma sempre veri.