Gli occhi di Aisha – Jesper Stein



Jesper Stein
Gli occhi di Aisha
Marsilio
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Per rivedere l’estate devi passare attraverso l’inverno. Ma l’inverno per Axel Steen sembra non finire mai. O forse è lui, siamo noi, a non riuscire a scorgere l’estate all’orizzonte. È quello che si arriva a pensare una volta toccato il fondo. O quando si è a un passo dalla fine: quando la morte ti sfiora ma non ti prende, quasi a volerti dare una seconda possibilità. E lì sta a noi, ad Axel, capire cosa farne. Se recuperare le forze e cominciare a raccogliere i cocci che abbiamo lasciato alle nostre spalle per ritornare a vivere. Oppure arrendersi e sprofondare un’altra volta nel baratro: questa, forse, per sempre. 

Dilemmi intorno a cui si sviluppa “Gli occhi di Aisha” in cui ritroviamo lo scontroso detective danese, miracolosamente sopravvissuto alla sparatoria che ha lasciato i lettori col fiato sospeso nel precedente capitolo. Oggi in cerca di un po’ di normalità, sembra essere riuscito ad allontanarsi dalla droga e dagli altri demoni che lo tormentavano, per quanto ogni tanto tornino ad affacciarsi. 

Ritornato in servizio, deve investigare sull’efferato omicidio di un ex agente dei servizi segreti a cui sono state inflitte sevizie indicibili. Donnaiolo impenitente, sono molti i moventi che possono averne determinato la morte. E forse si nascondono in una delicata operazione antiterrorismo, risalente al 2007, una delle più importanti per la sicurezza del Paese. Refrattario alle regole e alle ipocrisie del potere, Steen è da sempre abituato a combattere per svelare segreti, non per tenerli nascosti, perché “per un poliziotto l’unico riguardo è nei confronti della verità”: una convinzione che lo porterà, nel corso dell’indagine, a scontrarsi prima coi suoi superiori e poi con gli uomini (e le donne) del PET, l’intelligence danese che con il pretesto di partecipare all’inchiesta sembra invece volerne ostacolare la risoluzione. 

Le complicate vicissitudini professionali, come ormai ci ha abituati Jesper Stein nei tre precedenti capitoli della saga, finiscono per riflettere le inquietudini sentimentali e famigliari di Axel, diviso tra l’ingombrante passato a cui continuamente lo riporta l’ambiguo legame con la ex moglie Cecilie e la prospettiva di una relazione appena sbocciata, di un nuovo inizio, con Henriette. Il futuro di Axel è anche inesorabilmente legato a quello della piccola Emma, la figlia, qui alle prese coi turbamenti della sua giovane età e le paure che la quasi-morte del padre le ha lasciato.  

Sullo sfondo Copenhagen, in particolare il quartiere di Nørrebro, un mix di vitalità e contraddizioni: realtà multietnica, cosmopolita, è colore, inclusione ma allo stesso tempo arretratezza, disagio. E criminalità. Due volti anche qui, a rispecchiare il dualismo che connatura l’anti-eroe Axel Steen e di cui è intriso l’intero romanzo: su un doppio binario corrono (e si rincorrono) le due indagini, l’operazione antiterrorismo del 2007 e l’inchiesta “attuale” sulla morte dell’ex agente segreto, arrivando inevitabilmente a intrecciarsi in un saliscendi adrenalinico.  

Pagine, queste, spietate ma anche spaventosamente attuali: da ex giornalista, Jesper Stein non si risparmia nell’indagare le ragioni di uno scontro storico, ideologico e culturale che ha portato al terrorismo e al fondamentalismo islamico. Alle immagini di sangue e morte che sono tornate a bussare prepotentemente alle nostre porte nelle scorse settimane, prima in Francia e poi a Vienna. Stein non fa sconti, ce n’è per tutti e tra le righe arriva a mettere in luce le falle di sistemi e politiche di integrazione occidentali. 

Ed è proprio anche in questo continuo attingere al reale che, giunto ormai alla quarta prova, Axel Steen non mostra segni di cedimento e regge, senza perdere di credibilità né annoiare. Rischi scongiurati almeno fino a quando riuscirà a non far capire al lettore chi è davvero Axel Steen: uno sbirro che quando lavorava sotto copertura fingeva di essere un tossico o forse “solo un tossico che gioca a fare lo sbirro”? 

Giulio Oliani

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