Le Shinkansen sono le linee di treni ad alta velocità del Giappone, i cosiddetti treni proiettili che viaggiano a quasi 300 km orari. Isaka Kotaro ha ambientato il suo thriller proprio su uno di questi treni, presentandoci una vertiginosa vicenda di valigie che appaiono e scompaiono e cadaveri da fingere ancora vivi o da nascondere in qualche recesso dei vagoni. Tutto comincia con il tentativo di Kimura, ex malavitoso, di vendicare il figlio Wataru, ricoverato in coma all’ospedale a causa di una banda di perfidi adolescenti, guidati da Ōji, il Principe, un ragazzino col viso d’angelo e con la logica di un matematico del Mit. Per compiere la sua vendetta, Kimura sale sul treno, sicuro di incontrare il persecutore del figlio, ma altri inquietanti personaggi si muovono tra un vagone e l’altro: killer che devono consegnare a un temibile boss il figlio rapito e poi liberato, insieme alla valigia dei soldi intatti del riscatto, altri killer che devono invece rubare la valigia, altri ancora che vogliono vendicarsi, in un vortice di equivoci e impedimenti che complicano di pagina in pagina la vicenda.
Sono molteplici le tematiche trattate, dal vuoto di valori dell’individuo a cui non è rimasto più nulla in cui credere, all’alcolismo, ai rapporti genitoriali, al bullismo…
La figura più perturbante è certamente quella di Ōji, la cui malvagità, a tratti celata da un’ingenuità ancora infantile, oltre che destare ripugnanza provoca nel lettore un destabilizzante turbamento. Nella logica sadica e perversa del ragazzino sono contenute -ci fa comprendere l’autore- tutte le contraddizioni della contemporanea società giapponese: il formalismo che assurge a valore assoluto e la perdita di riferimento delle figure adulte, che secondo Ōji applicano le regole senza assumersi la responsabilità di cercare le cause degli eventi e di trovarne i rimedi. Dalle azioni dei killer, dai loro pensieri emerge in modo chiaro come l’atavica società giapponese basata sulla reciproca fiducia sia ormai scomparsa, fagocitata da un individualismo di cui i sette killer sono il grottesco emblema. La velocità del dipanarsi delle scene riproduce quella del treno proiettile, frastornando gli stessi personaggi, ma non l’autore, che sa governare con sagacia lo svolgimento della trama sino al liberatorio finale.
Gli ammiratori del cinema di Tarantino adoreranno questo romanzo, per i dialoghi spesso surreali, l’umorismo straniante, il pulp dell’azione e le citazioni colte, come i riferimenti a Gita al faro di Virginia Woolf in bocca a un killer abituato a usare senza alcuno scrupolo ogni genere di violenza.
I sette killer dello Shinkansen è un romanzo a più livelli di lettura, da quella basica del thriller d’azione fino a quella antropologica di una società che sta correndo, come un treno-proiettile, incontro al proprio disfacimento.
I sette killer dello Shinkansen – Isaka Kotaro
Donatella Brusati