La fine che farai – Max Fiorelli



Max Fiorelli
La fine che farai
Piemme
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Harry Castellani, scrittore famoso ed ex poliziotto del corpo di polizia di Miami, si trova a Roma per la promozione del suo primo romanzo. La fama gli è arrivata addosso come un fulmine, si è ritrovato dall’essere un frustrato agente di polizia con pochi soldi molti debiti e dedito all’alcol a vedere in pochissimo tempo il suo romanzo di esordio scalare le classifiche. A fargli quasi da balia a Roma, c’è il suo agente Robert Harleigh, famoso nell’ambiente per l’enorme pazienza che ha nei confronti dei propri autori. Pazienza che Harry mette spesso alla prova, perché soprattutto in una prima fase del romanzo, dal protagonista di questa storia esce quello che di più pesante c’è nella sua personalità. Harry è a dire di Robert un malato di sesso e tra le altre cose accompagna questo suo disturbo, che lui stesso definisce una sciocchezza in quanto a suo dire tutti nel mondo pensano al sesso e lui è solo parte del sistema, a tanti altri piccoli difetti come il bere eccessivamente e non rispettare mai gli orari e la parola data. Harry fatica ad uscire dallo stereotipo dello scrittore maledetto in crisi esistenziale perché rimane letteralmente travolto dal vortice del successo. Non riesce più nemmeno a scrivere tant’è che il suo secondo romanzo rischia di non arrivare mai a vedere la luce delle pagine. È l’uccisione di una donna a riportarlo a quella che forse è l’unica cosa che ancora riesce a dargli piacere: cercare di salvare una vita umana. 

La trama è ben costruita ed i personaggi a parte qualche piccola sbavatura sono ben delineati, Fiorelli si dimostra un vorace lettore di thriller e tra le righe sono molti i richiami e gli omaggi a scrittori famosi, anche se a dire la verità la prima similitudine che salta agli occhi è quella tra il nostro Harry Castellani e Harry Quebert di Joel Dicker. Un thriller che a grandi linee funziona, con l’unica pecca che a volte gira intorno alle cose, artificio che ha il merito di allungare la suspence, ma che a volte stanca il lettore classico da thriller. La lettura però resta consigliatissima perché la lingua di Fiorelli è scorrevole e amica e poi perché di Harry Castellani, sicuramente risentiremo parlare. 

Salvo di Caro

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