Il lamento del bradipo



sam savage
Il lamento del bradipo
einaudi
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Il Lamento del bradipo, seconda fatica di Sam Savage, č un libro da assaporare con sottofondo blues, un bicchiere di whisky in mano, e tanta voglia di prendere le cose con filosofia.

La seconda opera dello scrittore americano, ex professore di filosofia diventato poi pescatore, falegname ed infine grafico di pressa, č originale e fuori dal coro quanto il precedente libro dell’autore, Firmino, nato in una notte di veglia e diventato best seller per puro caso ed inaspettatamente.

Bislacco, lento, malinconico, a tratti divertente, il protagonista, Andy Whittaker č un grafomane con tutte le carte in regola per divertire con una punta di amarezza tutti coloro che si addentrano nel suo universo, fatto da inquilini che non pagano l’affitto, da aspiranti scrittori e poeti (che sono il materiale umano che piů fa riflettere e sorridere), ex – mogli, ex-compagni di scuola, ex-familiari, e tante vite lontane mille miglia dal proprio universo che va a pezzi, inesorabilmente.

Proprietario di una rivista letteraria (Bolle) che rischia la bancarotta, possessore di immobili che stanno per crollare, protagonista di un’esistenza dalla lentezza proverbiale, ma ancora volenterosa di riscatto, Andy da vita a questo libro, un’opera da apprezzare per l’humor grigio di cui č imbevuta, dal linguaggio vario con cui compone gli innumerevoli carteggi che raccontano tra lettere, frammenti di romanzo , liste della spesa, minacce rivolte ali inquilini, epistole rivolte ai sedicenti letterati, un’ esistenza condotta per forza d’inerzia, forse troppo veritiera.

Paragonatosi egli stesso ad un pigro bradipo, condannato dalla sua natura lenta ad una vita che assiste allo svolgersi di quella degli altri, essere vivente paziente, pigro, rassegnato ma determinato nel suo portare a termine tutto ciň che intraprende, Andy Whittaker/Sam Savage ha offerto al lettore un dolcissimo e malinconico romanzo.

Non si puň non tifare per il nerd Andy, e sperare che, al termine del libro, velocizzi un tantino i suoi ritmi vitali.

Alla fine ci sentiamo tutti un po’ bradipi, prigionieri di una natura che non si č scelta, e remissivi nel dare ragione a Menandro quando afferma che in fondo, non si vive come si vuole, ma solo come si puň.
Possibilmente con i piedi piantati per terra anziché penzolanti tra i rami di un albero.

angelica scardigno

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