In fondo alla notte



huges pagan
In fondo alla notte
meridiano zero
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Jacques Cavallier è un ex poliziotto, con incarico alla Brigata Repressione Banditismo. Ha lasciato l’Usine (come viene chiamata la stessa polizia da chi vi lavora) e ora, cinque anni dopo, si guadagna la vita come reporter di un quotidiano di provincia. Scopre che da Parigi uno sconosciuto, tale Zimmer, gli versa periodicamente sul conto corrente cifre da capogiro. Il tempo di chiedersi il motivo di tanta munificenza e il passato gli sbatte addosso con tutto il suo odore di vecchio.

Prima Sonia, la sua ex moglie, gli chiede di cercare Chess, un loro vecchio amico comune scomparso misteriosamente. Poi Sauvage, suo ex collega in polizia. Cavallier avrebbe altro a cui pensare. Anita, ad esempio. Ventenne di cui si innamora follemente (e altrettanto follemente ricambiato). Oppure Dizzie Mae, una Ford V8 a cui è attaccato come un marito geloso. Ma poiché la sua vita prende decisioni senza consultarlo, Cavallier si trova invischiato in giri sempre più pericolosi, che s’attorcigliano tra incidenti d’auto, attentati, sparatorie, aggressioni, traffici di droga.

In fondo alla notte è un romanzo magnifico, tanto quanto memorabile suona il suo titolo in originale (Les eaux mortes, che forse poteva essere conservato nella traduzione dei tipi di Meridiano Zero per quella sua capacità intima di far apparire l’immagine delle acque stagnanti, ferme, immobili, ma pur sempre liquide). Poche balle: Pagan, lui stesso ex ispettore di polizia (abbandonata dopo aver denunciato la corruzione di un intero dipartimento), pied noir (come gli autoctoni chiamavano con disprezzo i francesi d’Algeria), cuore caldo nel maggio sessantottino, ha costruito un personaggio che, incontrando casualmente per strada Philippe Marlowe e Sam Spade (peraltro citati nel libro) si ritroverebbe con loro dentro i fumi di un locale a buttar giù qualcosa di molto forte.

Ma, se Chandler e Hammett sono dei punti di riferimento, non meno familiare è il nome di Derek Raymond (e il suo sergente senza nome della A14, sezione delitti irrisolti), non fosse altro per quella inclinazione di Cavallier di camminare costantemente fuori direzione, sempre in bilico tra fallimento esistenziale e vitalismo che si alimenta a suon di nervi esplosi. La sua disillusione trova spazio a ogni spuntar del giorno, ma fa sempre i conti con reazioni di allucinata lucidità, come se il profilo “certezze zero” fosse né più né meno che un naturale marchio esistenziale cui non necessariamente abbandonarsi supini.

Il passato che bussa di nuovo alla porta e che scopriamo già seduto in salotto anche quando ci impegniamo a non farlo più entrare, la propria storia che torna a farci fare cose che mai e poi mai avremmo pensato di fare, atmosfera drogata da Gauloises come acqua quando piove, alcol che scende quasi per necessità, assenza di proiezioni future e, quel che più ci rende precario l’equilibrio, maree di dubbi sul presente: il catalogo è per spiriti forti. La capacità del noir francese di dare una maschera tragica al povero Cristo che si sceglie quale protagonista è in Hugues Pagan ai suoi massimi livelli. Lo stesso idem sentire dell’immenso maestro Jean-Claude Izzo e dell’altrettanto magnifico André Héléna. E senza neanche giocare in casa ambientando la storia a Parigi, una delle eccellenze in fatto di città noir.

Ma nella provincia francese, sporca e ammanettata dal caldo. Che però, se riusciamo a essere onesti con noi stessi, ci offre ancora un’ultima chance per sopravvivere.

Prosit.

Corrado Ori Tanzi

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