Niémas aveva sempre provato un sentimento ambivalente nei confronti dei fanatici. Non li temeva, li compiangeva. Erano vittime alienate da una chimera, da una ossessione che li distruggeva e li accecava fino alla morte.
In alcuni momenti e in alcune circostanze il confine che divide le vittime dai carnefici si sovrappone e si confonde. Niente è come davvero sembra e il buio pare avvolgere ogni considerazione razionale. Un buio a tratti metafisico e a tratti più che reale, come quello della Foresta Nera, nella regione del Baden – Wurttemberg in Germania. Qui accanto alla meraviglia sconvolgente della natura ci sono forze oscure che operano distruzione. Ed è qui che viene rinvenuto il corpo del giovane Jurgen von Geyersberg, ricchissimo amministratore della fiorente azienda di famiglia, insieme a sua sorella Laura, in una parte dell’enorme tenuta di famiglia che conta migliaia di ettari. Il giovane è stato martoriato come se fosse una bestia, come se durante la caccia annuale organizzata nella sua tenuta, si fosse compiuta su di lui la pratica della pirsch. Un rituale di caccia ancestrale e crudelissimo. Un richiamo al sangue e alla preda. Un momento in cui il cacciatore e il cacciato si uniscono in quel filo sottile che va dalla morte alla vita e viceversa.
Può essere una pista questa? Il detective Pierre Niémas, che sembra essere l’uomo più giusto per una indagine come questa, viene mandato a collaborare con la polizia tedesca o meglio a condurre una indagine parallela, in realtà non lo sa con precisione perché tutti gli indizi sembrano confusi. Accanto a lui in suolo tedesco, a coadiuvarlo nell’indagine, c’è anche la sua allieva Ivana Bogdanovic, che però è animalista e vegetariana e non solo prova ribrezzo per ogni forma di violenza sugli animali, ma non comprende né condivide nessuna forma di attività venatoria. Ma Ivana ha un fiuto sopraffino che gli arriva dalla sua personale esperienza di vita, dalle sue origini e da un dolore accecante che ancora gli soffoca il cuore. Ora Pierre e Ivana devono sbrogliare la matassa di un delitto efferato e premeditato che parte dal rituale della pirsch e passa per i sanguinari cercatori di ebrei assoldati da Himmler durante la seconda Guerra Mondiale: i terribili Cacciatori neri. Però Himmler è morto da decenni e Jurgen Geyersberg non è affatto ebreo.
E quindi chi lo voleva morto e mutilato in quel crudelissimo modo? Che messaggio sta mandando l’assassino e a chi?
Jean-Christophe Grangé abbandona i quai francesi dove hanno sede i comandi di polizia di molti dei suoi protagonisti e per il suo ultimo e coinvolgente romanzo si affida agli scenari naturali della Foresta Nera, a location lontane e diversissime dalla sua Parigi o dalla sua Marsiglia e catapulta il lettore in un mondo antico e ancestrale dove le regole vengono fatte dai più forti e il sangue che scorre è solo una conseguenza collaterale necessaria.
La vita come la caccia, allora, dove il predatore impone tempistiche e percorsi, esiti e fortune.
Non si muore solo perché si è figure scomode si muore perché è necessario all’ordine naturale.
Grangé descrive minuziosamente quello che racconta.
Fotografa i personaggi della sua storia in ogni loro sfumatura, dalla bellissima contessa Laura, sorella di Jurgen ai suoi cugini più stretti, di cui narra difetti e manie, fino al capo delle forze dell’ordine tedesche Kleinert, presentato in tutta la sua autorevolezza marziale.
E insieme regala al lettore rappresentazioni fascinose della natura di quella parte di Germania e della splendida residenza di famiglia dei Geyersberg immersa in un parco naturale e costruita secondo i principi architettonici del Bauhaus.
Un Grangé a tratti inedito, quindi, che ammalia con la sua scrittura colta e diretta, lo stile da sbirro mancato e nuovi particolari linguistici che lo rendono ancora più bello da leggere.
L’ultima caccia può essere definita la vera novità di questo settembre 2020 per un autore che non pubblicava qualcosa di così intenso e sconvolgente ormai dal 2018.
L’ultima caccia – Jean-Christophe Grangé
Antonia del Sambro