In una Puglia stretta nella morsa del caldo estivo viene trovata morta Katerina, una ragazza data per scomparsa da qualche tempo. Siamo nel brindisino, a Ceglie Messapica per esattezza, dove i fiori degli ulivi cominciano a lasciare il posto alle olive, i bagnanti continuano ad affollare le spiaggette divenute di gran moda e i vicoli delle cittadine si inebriano dei profumi della cucina tipica.
Vittore Guerrieri, umbro trasferitosi in Puglia, in attesa di riprendere la sua attività di “corriere” di olio e vino in tutta Italia passa le sue giornate tra il tavolino del bar e le tavole imbandite delle case dei suoi amici più stretti.
Tra un caffè e una braciola di cavallo consumata con i suoi amici, Vittore riceve una strana offerta di lavoro: accompagnare il “caporale” di zona in Ucraina alla ricerca di Katerina, sua bracciante, scomparsa da qualche giorno; un viaggio lungo, ma soprattutto un personaggio non gradito.
Vittore é combattuto visto che Katerina é amica di Vania, la sua “quasi” ex, che fa la cameriera nel ristorante gestito proprio dalla moglie del caporale Giuseppe, persona rispettata e conosciuta del posto per la sua attività di collocamento di manodopera a basso costo nelle aziende agricole pugliesi.
Così Vittore, dopo essersi caldamente consigliato con gli amici del bar decide di non partire.
La Sua indagine quindi non va lontano da Ceglie ma resta lì tra le pietre, gli olivi e le viti di un luogo che sembra ideale sia agli occhi del lettore che a quelli del buon Vittore.
E sì, perché Vittore Guerrieri, giunto qui alla sua terza indagine ( Il volo dell’eremita e L’innocenza di Tommasina), alla fine é un buono, magari confuso dall’amore per una donna ammaliante come Lola, di sani principi e un “caporale” non può proprio aiutarlo. Scava così a fondo, fino a stravolgere ad annacquare i sapori ed i colori accesi proprio di quella Puglia, meta di vacanze estive, che diventa il teatro in cui si muovono caporali, donne sfruttate e sottomesse come schiave e utilizzate come merce di scambio.
Il tema del caporalato dello sfruttamento rompe prepotentemente la pagina riportando il lettore a guardare una realtà offuscata, nella prima parte del romanzo, dagli odori della cucina tipica, dai ricordi ancestrali legati all’ etnia di Lola, l’affascinante moglie del Caporale, tra le cui braccia ( e gambe) Vittore finisce per perdersi.
Ma la realtà é ben altra cosa è la verità spesso é scomoda.
E così Vittore, per far luce sulla scomparsa di Katerina si affida ai suoi amici, tanto diversi quanto portatori di bagliori di veritá. Ecco allora il Professore, amico intellettuale da bar o il maresciallo Tamurri che, tra un fritto e l’ altro, ascolta le testimonianze di Vittore e, infine, il sarcastico Mario che con la sua “ saggezza popolare”, attraverso il colorito dialetto locale ( debitamente tradotto) mette Vittore in guardia dai pericoli sentimentali e non , che la sua personale indagine può procurargli.
In un momento in cui il tema del caporalato e dello sfruttamento nei campi, piaga storica del bel paese, sembra tornato all’attenzione dell’opinione pubblica, Caterina Emili ne parla delicatamente incastrando il tema in un quadro delicato, in uno sfondo pieno di colori vivi che però, nello scorrere delle pagine, é lentamente sopraffatto dal grigiore della parte più feroce di una terra che, per lo stesso protagonista, sembra da favola.
Da buona giornalista la Emili racconta in maniera dettagliata la vita dei braccianti nei campi, il meccanismo del caporalato, il funzionamento ben oliato, nel corso degli anni, di questa fiorente attività illegale davanti a cui Vittore non vuole rassegnarsi proprio come un guerriero (sarà mica un caso che il suo cognome sia Guerrieri) pieno di sani principi che ha come unica debolezza quella per le donne.
La scimmia e il caporale – Caterina Emili
Mauro Grossi