Intervista a Massimo Polidoro

uhgugScrittore, giornalista ed “esploratore dell’insolito”. Docente universitario di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito e Segretario nazionale del CICAP. Giusto per elencare alcune delle attività di Massimo Polidoro. Autore di oltre quaranta libri, è da poco uscito il suo nuovo thriller Il passato è una bestia feroce, edito da PIEMME.

Partiamo da te, Massimo… Un curriculum indubbiamente ricco ma anche particolare. Ti definisci “esploratore dell’insolito”, ce ne vuoi parlare?
Quando cercavo una definizione per il mio lavoro mi sono reso conto che… non esiste. Io sono scrittore, giornalista, conferenziere, autore e conduttore televisivo, ma sono anche segretario del CICAP, docente di psicologia dell’insolito, indago su fatti e notizie misteriose, ho una preparazione nel campo dell’illusionismo, viaggio spesso alla ricerca di luoghi insoliti o leggendari. Tante cose, insomma, ma tutte quante unite da un unico “filo rosso”: la curiosità e la passione per tutto ciò che esce dai “confini” della normalità. Per l’insolito, insomma. Ecco che la definizione di “esploratore dell’insolito” alla fine è spuntata quasi da sola.

Sei stato per oltre tre anni il primo e unico docente italiano di un corso universitario dedicato alla psicologia dell’insolito. Vuoi provare a spiegare anche a chi non se ne intende di cosa si tratta?
“Psicologia dell’insolito” è un nome che mi sono inventato io per descrivere quella che nei paesi anglosassoni è chiamata “Anomalistic Psychology” e che da noi era pressoché ignorata. È un ramo della psicologia che affronta tutte quelle esperienze insolite – sogni premonitori, “flash” telepatici, presagi, dejà-vu. – che ognuno di noi può vivere ma che molti ritengono inspiegabili. Si tratta invece di esperienze che possono avere una miriade di spiegazioni “’normali’” ma che, dato il loro forte impatto emotivo, possono apparire come ‘paranormali’ a un pubblico che non dispone degli strumenti interpretativi necessari. Il corso mirava a fornire agli psicologi gli strumenti per affrontare con competenza questi argomenti.

Ho letto che conduci indagini su fenomeni particolari e misteriosi… Ad esempio ti sei messo sulle tracce di Dracula in Romania e del mostro di Loch Ness. Quale di queste tue ricerche ti ha coinvolto di più o ritieni foriera di possibili ulteriori sviluppi?
Devo dire che quando conduco un’indagine, soprattutto se a carattere storico, mi appassiono sempre molto. Mi piace l’idea che su certi misteri del passato la soluzione potrebbe nascondersi sotto i nostri occhi, tra le righe di qualche documento dimenticato, in un reperto finito chissà dove. Ripercorrere in Transilvania le tracce storiche della figura di Vlad, il sovrano rumeno che per certi aspetti ispirò Bram Stoker nella creazione della figura di Dracula, per esempio, è stato illuminante. Mi ha invece toccato molto ripercorrere le “tracce” lasciate nel corso dei secoli, tra la contea di Nottingham e lo Yorkshire, in Inghilterra, dalla leggenda di Robin Hood: dalla quercia nella foresta di Sherwood dove si riuniva la sua banda alla tomba a Kirkless, dove gli inglesi andavano in pellegrinaggio e pagavano un penny per entrare simbolicamente nella banda di Robin Hood. Tutti indizi che non provano la reale esistenza di Robin Hood, ma certamente mostrano quanto la sua leggenda fosse diffusa e forse ispirata da un autentico personaggio realmente vissuto. Se però devo trovare un mistero dove, almeno in via ipotetica, potrebbero arrivare nuove scoperte è senz’altro quello relativo al caso di Jack lo Squartatore. Nonostante le tante notizie e presunte scoperte annunciate negli ultimi cento anni, infatti, ancora non si conosce la sua identità. Chissà che davvero prima o poi emergerà qualcosa in grado di fare luce su questo enigma…

Negli Stati Uniti, sei stato anche apprendista del celebre illusionista ed indagatore di misteri James Randi. Secondo te che rapporto c’è tra illusione e realtà, mistero e realtà?
Un rapporto strettissimo. Nel senso che, da sempre, tante persone credono reali fenomeni all’apparenza straordinari ma che sono in verità frutto di illusioni. Esperienze credute paranormali, avvistamenti di fantasmi o dischi volanti, incontri con persone che si credono dotate di facoltà straordinarie, per esempio, possono avere, e solitamente hanno, spiegazioni del tutto naturali: ma se non si possiedono gli strumenti, culturali e tecnici, per comprenderlo, tali esperienze saranno in buona fede credute autentiche. Di conseguenza, quelli che oggi alcuni considerano misteri inspiegabili, in realtà una spiegazione ce l’hanno, si tratta solo di volerla trovare.

Massimo, passiamo al tuo nuovo romanzo. Abbiamo detto che sei autore di decine di libri ma è la prima volta che ti cimenti con un thriller. Da cosa è nata la decisione di lanciarti in questa nuova avventura?
I thriller, i romanzi gialli, sono la letteratura di svago che da sempre mi diverte di più e, da anni, pensavo di scriverne anch’io. Solo che, leggendone tanti, mi sono presto reso conto che se si desidera scrivere qualcosa di buon livello in questo campo, capace cioè di tenere il lettore incollato alla pagina finché non sarà arrivato in fondo al libro, non si può improvvisare. Ho così dedicato molto tempo a “dissezionare” i gialli più riusciti, ad analizzare i film di Hitchcock e Dario Argento, a studiare la psicologia della suspense, ma sono anche entrato in contatto diretto e ho avuto la possibilità di scambiare idee e ricevere suggerimenti da alcuni dei più grandi autori di questo genere, come Michael Connelly, Jeffery Deaver o Nelson Demille, che generosamente mi hanno rivelato i loro “segreti”.

Il passato è una bestia feroce è un romanzo ricco di suspense e di mistero. Anche l’analisi psicologica e l’utilizzo di alcune “illusioni”, effetti a sorpresa sono molto rilevanti nella vicenda. Quanto dei tuoi studi e della tua formazione si è riversato nel libro?
Credo tanto. Quando si scrive un libro come questo, dove ci si deve inventare una storia da zero, tutte le esperienze che si sono accumulate nel corso della vita possono tornare utili. In particolare, credo che la mia pratica nel campo della psicologia dell’inganno e della prestigiazione si sia rivelata fondamentale. Prestigiatore e giallista, per esempio, puntano entrambi a sorprendere e a stupire il proprio pubblico. Come? Un buon modo è quello di attirare l’attenzione su qualcosa che sembra importante, ma è in realtà un depistaggio per riuscire a nascondere il dettaglio che rivelerebbe la soluzione al mistero. Ma tutto è fatto sotto gli occhi dello spettatore o, nel caso di un romanzo, del lettore: vale a dire che tutti gli elementi per risolvere il mistero sono sotto gli occhi di guarda. Il problema è sapere che cosa guardare…

Nonostante si tratti di un thriller da toni molto cupi, l’amicizia e l’amore rivestono un ruolo importante nel romanzo. Cosa ci vuoi dire al riguardo?
È vero. Tra i motivi che spingono il protagonista del romanzo, Bruno Jordan, a indagare su un mistero del suo passato c’è anche l’amicizia. E l’amicizia si rivela cruciale in molti snodi della vicenda. Ma, naturalmente, c’è anche l’amore. Del resto è così che capita anche nella vita, no? Per quanto ci si trovi impegnati nella frenesia del lavoro e del quotidiano, l’amore e l’amicizia trovano sempre il modo di farsi largo.

Il titolo del tuo romanzo, Il passato è una bestia feroce, suona molto duro. Sei convinto che sia sempre così? La ricerca nel passato porta sempre a scoperte dolorose?
No, certamente. A volte, lo studio e la ricerca nel passato possono portare a scoperte straordinarie o a sorprese positive. Ma è indubbio che talvolta può andare diversamente. E, nel caso della storia che racconto, il passato si rivela una bestia molto feroce. Una bestia che Bruno Jordan risveglia, inavvertitamente, e dalla quale si trova a doversi difendere.

Senza voler svelare troppo della trama del libro, appare evidente, alla fine, l’analogia con fatti di cronaca realmente accaduti. Hai voluto, con il tuo romanzo, gettare un fascio di luce nuovo su questi tragici episodi di cronaca nera?
Sì, ho voluto raccontare, attraverso la finzione narrativa, ciò che accade realmente in casi simili. Senza rivelare troppo, ho trascorso molto tempo a studiare casi di cronaca analoghi, per cercare di capire le psicologie delle persone coinvolte e riuscire così a ricostruire e a rendere in maniera credibile situazioni simili.

Abbiamo detto che il tuo è un thriller dai toni cupi, sia per la trama che per l’ambientazione. In esso ritroviamo alcuni degli aspetti più crudi e abietti della realtà e della personalità umana. Sei convinto che anche nel mondo reale gli elementi “noir” dominino la nostra vita?
Il romanzo è un thriller e racconta fatti di cronaca, dunque per forza di cose ci porta a contatto con realtà terribili. Tuttavia, per quanto certe atmosfere possano sembrare cupe, non manca mai un po’ di sano umorismo. Lo stesso Bruno Jordan, che ci racconta la storia in prima persona, ha una voce molto sarcastica e autoironica che nel corso della narrazione contribuisce ad alleggerire certe situazioni “pesanti”. Per quel che riguarda la vita reale, tutto dipende ovviamente dalla vita che si conduce: chi lavora nel giornalismo e si occupa di cronaca nera, come Jordan, inevitabilmente è a contatto ogni giorno con storie molto brutte. Chi invece si occupa di tutt’altro, può anche non entrare mai personalmente in contatto con vicende “nere”. Certo, poi basta accendere la TV o leggere un giornale, perché subito ci si renda conto di quanto il mondo possa essere brutale…

Gian Luca Antonio Lamborizio

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